LA RABBIA: UNA VECCHIA MALATTIA da cura della D.ssa Patrizia Bragagna

La pubblicazione di questo articolo, tratto da Caccia 2000 Aprile 2010, Organo d´Informazione dell´Associazione Cacciatori Bellunesi, ci è stata gentilmente concessa dal Sig Sandro Pelli, Presidente di ACB, che cordialmente ringraziamo

Dopo oltre 25 anni, fa la ricomparsa nel nostro territorio bellunese la rabbia, una malattia infettiva acuta, scarsamente contagiosa, che colpisce con esito inesorabilmente mortale tutti i mammiferi, compreso l’uomo. La parola “Rabbia” deriva dal sanscrito “Rabbahs”, che significa “fare violenza”, questo perchè la malattia colpisce il sistema nervoso centrale, dando origine ad una encefalomielite che si manifesta frequentemente con una sintomatologia nervosa violenta.

QUAL È LA CAUSA?
Nell’uomo come nell’animale la malattia è trasmessa da un virus a forma di proiettile della famiglia Rhabdoviridae, genere Lyssavirus (dal greco “lyssa” che significa pazzia) comprendente sette genotipi differenti, dei quali il genotipo 1 include i ceppi del virus della rabbia classica (Rabies virus) presenti in tutti i continenti tranne l’Oceania e attualmente anche a casa nostra, mentre i genotipi dal 2 al 7 comprendono i seguenti ceppi virali: Lagos bat, Mokola, Duvenhage, European bat lyssavirus 1 (EBL-1), European bat lyssavirus 2 (EBLV-2), Australian bat lyssavirus (ABLV).
 
Il virus della rabbia viene trasmesso ad altri animali ed all’uomo attraverso il contatto con la saliva di animali infetti, quindi attraverso morsi, graffi, ferite o contatto con mucose (occhi, naso, bocca) anche integre. Va inoltre precisato che il virus è presente nella saliva dell’animale infetto prima della comparsa dei sintomi clinici; questo aspetto rappresenta un ulteriore motivo di preoccupazione in quanto la persona morsicata o lambita non ha la percezione del pericolo che sta correndo.

QUALI ANIMALI POSSONO INFETTARSI E DIFFONDERE LA MALATTIA?
Solo i mammiferi terrestri possono infettarsi, sviluppare la rabbia e potenzialmente trasmetterla all’uomo.
Uccelli, pesci e rettili non si ammalano.
Tra i mammiferi alcune specie fungono da serbatoio per la diffusione del ciclo silvestre mantenendo la malattia nel territorio: volpe rossa e cane procione (Europa), procione, moffetta e coyote (America settentrionale), mangusta e sciacallo (Africa), pipistrelli insettivori e frugivori (tutti i continenti), vampiro (America Latina).

La diffusione del ciclo urbano, invece, vede implicati quali ospiti naturali cane, gatto, ruminanti domestici e animali selvatici che per alimentarsi si avvicinano alle abitazioni e trova nel randagismo canino il principale meccanismo di attivazione e conservazione del virus.
 
QUALI SONO I SINTOMI NEGLI ANIMALI INFETTI? L’animale che ha contratto l’infezione può trasmetterla ad altri animali, uomo compreso, prima di manifestare alcun sintomo.
Questa fase asintomatica è variabile in funzione della specie interessata e dei differenti genotipi virali.
I primi sintomi che devono mettere in allerta sono le modificazioni del comportamento proprie di ogni specie: l’animale selvatico perde la naturale diffidenza verso l’uomo, mentre gli animali domestici possono manifestare fenomeni di aggressività verso il padrone che li accudisce.

Nella fase prodromica (iniziale) si possono osservare segni generici, quali: stati ansiosi, irritabilità, depressione, mentre nello stadio conclamato si possono distinguere due forme, la forma furiosa e la forma paralitica o muta.

La prima è contraddistinta dai seguenti sintomi: allucinazioni, disorientamento e vagabondaggio, iperattività, perversione del gusto (l’animale ingerisce sostanze od oggetti non commestibili), alterazioni delle emissioni vocali e scialorrea (perdita di grandi quantità di saliva).

La seconda, invece, è caratterizzata inizialmente da paralisi dei muscoli della deglutizione, dei muscoli facciali, che provocano la caduta della mandibola, e in seguito di tutta la muscolatura del corpo con coma e morte.

Nell’uomo inoltre, è presente l’idrofobia, cioè la repulsione per l’acqua.
Mentre la forma furiosa è più tipica dei canidi (cane, volpe, lupo), la forma paralitica è più frequente nei ruminanti e nell’uomo.

QUAL È LA PATOGENESI DI QUESTA MALATTIA?
Il virus, trasmesso dalla saliva dell’animale infetto, attraverso morsicatura o lambitura, replica nel punto di contatto, in specifico nelle fibrocellule muscolari più vicine. Raggiunta una quantità sufficiente, il virus migra, attraverso le placche neuro-muscolari, nei nervi periferici e di seguito, percorrendo il midollo spinale, arriva al sistema nervoso centrale (migrazione centripeta) dove continua a replicare attivamente.

A questo punto segue una migrazione centrifuga mediante la quale il virus scende lungo i nervi cranici efferenti, con particolare predilezione per quelli che innervano le ghiandole salivari. E’ per questo motivo che la concentrazione del virus nella saliva è particolarmente elevata tanto da rappresentare un severo fattore di rischio.
 

Il tempo impiegato dal virus per raggiungere il sistema nervoso centrale, da qualche settimana ad alcuni mesi, varia in funzione della specie colpita, dello stipite virale coinvolto, della sede in cui è avvenuta la morsicatura/lambitura e nell’uomo, della eventuale presenza di indumenti che possono limitare la quantità di entrata del virus. Va sottolineato che i sintomi clinici ai vari stadi compaiono solamente dopo che il virus ha raggiunto il cervello; stadio in cui la malattia diventa irreversibile e qualsiasi trattamento farmacologico (sieri, vaccini) risulta inefficace.

COME SI FA LA DIAGNOSI DI RABBIA NEGLI ANIMALI? Nessuna diagnosi clinica della rabbia può essere considerata affidabile, poiché molte sono le malattie con sintomatologia simile a quella della rabbia (Cimurro, morbo di Aujesky, Toxoplasmosi solo per citarne alcune).
La diagnosi della malattia, quindi, viene fatta solo in laboratorio, utilizzando i test raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità tra i quali l’Immunofluorescenza diretta, considerato il test d’elezione; a livello istopatologico è da considerarsi patognomonico (cioè caratteristico della malattia) il riscontro, più frequentemente in alcune aree dell’encefalo (neuroni dell’ippocampo e del corno d’ammone), di strutture tondeggianti, ovoidali, grandi qualche millesimo di millimetro, chiamate “corpi del Negri” in onore del ricercatore italiano che le identificò per la prima volta nel 1903, nel laboratorio dell’Università di Pavia nel cervello di un coniglio infettato sperimentalmente.

QUALI PRECAUZIONI PER EVITARE L’ESPOSIZIONE?
Nei comuni infetti e a rischio per rabbia silvestre è obbligatorio praticare la vaccinazione preventiva dei cani e degli erbivori domestici al pascolo.
Inoltre, altri provvedimenti di profilassi che possono riguardare animali selvatici, quali la volpe o di animali vaganti, quali i gatti raggruppati in colonie, sono decisi dalla Regione attraverso proprie disposizioni.
Nella nostra provincia sono state disperse in aree silvestri esche alimentari contenenti un vaccino vivo attenuato, allo scopo di praticare la vaccinazione per via orale delle volpi, perciò si raccomanda a chicchessia di non toccarle con le mani.
In caso di contatto accidentale con il vaccino contenuto nelle esche, lavarsi abbondantemente con acqua e sapone e contattare immediatamente il medico.

Va evitato qualsiasi contatto con gli animali selvatici e con qualunque animale sconosciuto anche se si mostra socievole.
Non vanno adottati animali selvatici come animali da compagnia.
Se un animale selvatico si comporta in modo strano è utile segnalare il fatto ai veterinari delle Aziende Sanitarie Locali, alla Polizia locale o provinciale oppure al Corpo forestale.
Va segnalato anche qualsiasi rinvenimento di carcasse animali con l’avvertenza di non toccarle a mani nude. Va altresì comunicato al veterinario ogni comportamento anomalo o inusuale nel proprio animale domestico (cane, gatto,…).
La vaccinazione del gatto domestico, se non in comuni dove si sono verificati casi di positività su questi animali, è su base volontaria, ma vivamente consigliata.

COSA FARE IN CASO DI MORSICATURA?
Nel caso si venga aggrediti e morsi da un animale sensibile alla rabbia in territori a rischio, rivolgersi immediatamente al pronto soccorso per le cure del caso e, se indicato dal medico, per il trattamento vaccinale antirabbico post contagio.
E’ importante anche seguire attentamente alcune regole cautelative, tra le quali, lavare subito la ferita per almeno 15 minuti con abbondante acqua e sapone per ridurre la carica virale infettante. Inoltre, se possibile, identificare l’animale morsicatore. Nel caso si tratti di un cane o di un gatto o altro animale domestico, questo verrà sottoposto a sorveglianza per 10 giorni dai Servizi Veterinari delle Aziende Sanitarie Locali, per verificare l’eventuale comparsa dei sintomi della malattia.