ALPENLAENDISCHE DACHSBRAKE
Le Origini
Si ritiene che le origini di questo robusto ed orgoglioso segugio siano da ricercare, addirittura, in epoca romano-gallica a cui, come riferirebbe il professore universitario Dr. Hilzheimers nel suo “Die Haustiere in Abstammung und Entwicklung” (Origine ed evoluzione degli animali domestici), risalirebbe una rappresentazione di un cinghiale inseguito da un cane con caratteristiche strutturali decisamente simili al Dachsbrake odierno.
Danno testimonianza della presenza di suoi progenitori in Germania, sin dal settecento, anche alcuni dipinti di Franz von Defregger, raffiguranti cani da caccia dalle sembianze molto simili al medesimo.
Certo è che la sua storia più recente lo vede presente, inequivocabilmente, nella Mitteleuropea sin dalla metà dell’Ottocento; non come una razza a sé, dai caratteri omogenei e ben definiti, ma come animale risultante di specifiche esigenze da parte dei cacciatori di montagna dell’epoca. Nei loro cani, infatti, essi non ricercavano forme e mantelli ben definiti, ma soggetti accumunati da forza, muscoli e cervello, ricamati assieme ad un fiuto eccezionale, in grado di farli inerpicare senza fatica per tortuosi sentieri, alla ricerca di ungulati feriti nelle riserve o all’inseguimento di selvatici quali lepri e volpi.
Nelle vene di questi generosi animali scorreva il sangue dei segugi locali, diversi fra loro in altezza e mantello, ma tendenzialmente bassi sulle zampe e molto muscolosi, presenti dalla Carinzia ai Monti Metalliferi e già fortemente apprezzati come soggetti per la caccia in montagna, ascrivibili alla struttura di piccoli braccoidi, rosso mogano, cioccolato, carbonati, talvolta con bianche macchie su petto, arti e testa, raramente neri.
Presto questi soggetti, e la loro progenie sempre più uniforme, divennero molto amati dai locali, fino a raggiungere la corte del Principe della Corona Rodolfo d’Asburgo che, fra il 1881 e il 1885, li volle al seguito nelle sue cacce in Turchia ed Egitto. Solo nell’anno successivo venne dato finalmente un nome a questi animali, termine coniato addirittura da due pittori e grandi cinofili che molto si impegnarono per portare tali cani alle giuste cronache ufficiali, Ludwig Beckmann e Otto Grashey.
Essi li denominarono “Alpenlaendische Dachsbracke”; definizione che ancora oggi lascia spazio a diverse potenziali interpretazioni. Mentre, infatti l’origine alpina è indubbia nella definizione Alpenlaendische, più soggettiva può essere la valutazione di Dachs. Dachs potrebbe sia significare “tasso”, in analogia con la brevità delle zampe anteriori di questo animale selvatico, oppure derivare da Dachshund, bassotto, cioè cane di taglia intermedia fra questo e il segugio, senza peraltro ascriversi a nessuna delle due razze.
Al di là delle varie interpretazioni, il Dachsbrake era ormai un cane che nutriva la passione di numerosi estimatori i quali, riunitisi in un Club a suo nome, nel 1896 ne fissarono ufficialmente i caratteri distintivi, necessari alla sua futura selezione. Solo dopo quasi quaranta anni, nel 1932, lo stesso Club di Razza, forte di una dettagliata documentazione in merito, richiese e ottenne dall’Ente Cinofilo Austriaco, il riconoscimento come cane da traccia dell’” Alpenlaendisch-Erzgebirgler Dachsbracke” (cioè Bassetto delle zone alpine e dei Monti Metalliferi), facendolo entrare di merito nella categoria degli “Schweisshund”, “cani da sangue”, insieme ai prestigiosi Hannoveriano e Bavarese.
Più recentemente, nel 1970, il DacHsbrake fu riconosciuto dalla F.C.I come cane da traccia tedesco ma, per da legittima richiesta degli appassionati cinofili austriaci, cinque anni dopo ne fu dichiarata la loro paternità, sotto il nome di “Alpenlaendische Dachsbracke”, riservando alla Germania i natali del cugino più piccolo e meno noto Westfaelische Dachsbracke, Bassetto di Westfalia.
Caratteristiche generali
L’Alpenlaendische Dachsbracke è un cane nato in montagna, da essa e per essa selezionato; ciò si evince chiaramente dalla sua struttura compatta, di cane dalle modeste dimensioni, ma asciutto e solido, da cui traspare muscolatura importante e proporzioni che gli consentono di sviluppare resistenza anche su terreni molto impervi. La sua altezza al garrese può variare dal maschio, di circa 37-38 cm, alla femmina di 36-37 cm; leggermente più basso appare il cugino tedesco Bassetto di Westfalia, di 30-35 cm.
Indubbiamente un cane sviluppato nel rettangolo, i suoi i apartpaiono piuttosto brevi, molto solidi; i piedi, arrotondati e dai forti polpastrelli ad unghie scure, permettono a questo coraggioso animale di affrontare i terreni più accidentati . Le brevi zampe, che gli consentono un rapido e costante trotto, senza saltellamenti, sorreggono un tronco allungato, principiato da un torace ampio e da un petto largo e profondo, a sterno prominente.
Il lungo e dritto muso è caratterizzato da stop molto ben definito, naso ed occhi scuri, ampie orecchie pendule, senza plicature, lunghe e morbide. I canini robusti e sviluppati possono disegnare sia dentatura a tenaglia che a forbice. Le labbra non sono pendule e solitamente risultano pigmentate di scuro.
La pelle di questa razza è tipicamente tesa, molto aderente alla muscolatura sottostante senza formare pieghe, elastica e molto resistente, protetta da un fitto e duro pelo che la protegge non solo dalle intemperie e dalle variazioni del clima, ma anche dalle minacciose zanne delle volpi. Il mantello, sempre bianco e rosso nel Bassetto di Westfalia, può invece presentarsi marrone, nero focato,rosso cervo, carbonato, bianco e rosso nel Dachsbrake; non rara è una stella bianca sul petto.
La coda è attaccata in alto; molto ampia alla base, è generalmente così lunga da poter sfiorare il terreno quando viene, come è solito, portata pendente.
Il Dacsbrake viene sovente definito come un grande specialista in grado di cacciare in maniera polivalente. Definizione assolutamente appropriata in quanto, pur essendo uno dei cani maggiormente vocati per la caccia al cinghiale, in singolo, al contrario dei cugini Hannoveriano e Bavarese, non si limita al recupero degli ungulati feriti, ma sa effettuare in maniera egregia tracciatura, accostamento, segnalazione e seguita di questo pericoloso suide.
Tutto il suo lavoro è caratterizzato da una passione venatoria illimitata, da forza, coraggio, gran fiuto e, soprattutto, proverbiale intelligenza. Doti cercate con impegno e ottenute a partire dall’Ottocento, quando già a questi animali si richiedeva di lavorare in singolo, nei fitti boschi montani, in stretto collegamento con i propri conduttori, per rintracciare e spingere la preda a tiro dei cacciatori in posta.
Sono passati i secoli ,ma nulla dell’ardore dei primi Dachsbrake è venuto meno in quella caccia che è definita “girata”, in cui, ancora oggi, potersi avvalere di un unico, ottimo ausiliare che silenziosamente e doviziosamente spinge il suide non troppo allarmato, e quindi al trotto, verso la posta, risulta di notevole utilità, in contesti in cui il contenimento numerico dello stesso avviene in aree “sensibili”, quali parchi, riserve naturali e di caccia.
Così, una volta decisa dal conduttore la pista, non più vecchia di otto-dieci ore, da dover seguire in base al determinato animale da abbattere, essa sarà segnata ostinatamente dal Dachsbrake, senza che nulla lo induca al cambio, in maniera silenziosa, così da poter avvicinare il selvatico senza troppo allarmarlo o indurlo in fughe precipitose che poco aiuterebbero la mira alle poste.
Si tratta di un cane utile anche perché “corto”, ossia in grado di decidere, autonomamente, se la ricerca perpetrata su di un animale ormai troppo lontano dalle poste debba essere interrotta, perché inutile e dispersiva, per poi tornare rapidamente dal proprio conduttore e ricominciarne tempestivamente un’altra.
La sua cerca intelligente lo mantiene quasi sempre col naso a terra e coda a sciabola nelle zone povere di vegetazione, senza però esimerlo dal sollevare il tartufo su roveti e arbusti, se presenti, per ulteriori conferme dell’usta.
Rompe il silenzio solamente in prossimità della rimessa quando, fermatosi a debita distanza dalla temibile preda, inizia ad abbaiare a fermo, minaccioso, ma senza motivare il cinghiale ad una precipitosa fuga, nell’attesa del sopraggiungere del conduttore. Non pochi di questi segugi, resisi conto dell’eccessiva distanza di quest’ultimo, sono anche capaci di spostarsi “a pendolo” fra cacciatore che sopraggiunge e preda che si sta allontanando, pur di non perdere il collegamento.
Nel caso in cui il cinghiale impaurito decidesse per l’attacco e non per la fuga, il Dachsbrake, per le sue dimensioni ridotte, riesce poi sempre a mettersi rapidamente in salvo, senza demordere, comunque, dalla caccia. Se il selvatico scappa, questo piccolo grande segugio lo insegue inizialmente in maniera incalzante, perdendo poi terreno per far rallentare lo stesso cinghiale in prossimità delle poste, il cui tiro risulterà agevolato.
Inoltre, come l’Hannoveriano e il Bavarese, non esita a lanciarsi, con aumentata foga, all’inseguimento del selvatico nel caso in cui quest’ultimo venga solamente ferito, senza permettere a nessuno, che non sia il suo conduttore, di avvicinare, al fine, la preda stremata. Inoltre, dopo aver assicurato il selvatico ucciso al cacciatore, non di rado torna rapidamente sui propri passi per accertarsi che non siano rimasti indietro ulteriori cinghiali.
Pur essendo noto in tutta Europa per la sua attitudine alla caccia a questo suide, risulta un ottimo predatore per altri ungulati, per lepri e volpi, e un valido riportatore di volatili, soprattutto se in impervie zone montane.
Pur non essendo ancora così diffuso come animale da compagnia, il suo carattere temerario, ma fermo ed affidabile, e le sue ridotte dimensioni, lo rendono adatto ad una vita familiare, coscienti, ovviamente, delle sue forti esigenze di movimento quotidiano all’aperto.
Standard
Altezza:
– maschi da 37 a 38 cm
– femmine da 36 a 37 cm.
Tronco: solido e ben dotato di muscoli, allungato. Garrese moderatamente pronunciato. Dorso dritto. Regione lombare corta e larga. Natiche in moderata pendenza. Petto largo e profondo, con pettorina pronunciata. L’altezza del petto dovrebbe corrispondere a metà dell’altezza alla spalla. Addome leggermente retratto.
Testa e muso: parte superiore del naso dritta, stop definito. Teschio leggermente incurvato. Musello forte con pronunciata transizione alla regione craniale. Solco frontale ben definito. Occipite leggermente pronunciato. Labbra ben serrate con pigmentazione nera.
Tartufo: di colore nero.
Denti: regolarmente allineati e completi nel numero e nello sviluppo. Chiusura a tenaglia o a forbice.
Collo: muscoloso, non troppo lungo.
Orecchie: senza pliche, pendenti, larghe e morbide. In lunghezza devono raggiungere i canini. Ben arrotondate all’estremità.
Occhi: con iride bruno scura. Palpebre aderenti, con pigmentazione nera.
Pelle: abbastanza aderente. Elastica e forte, senza rughe.
Arti: anteriori dritti e solidi, di apparenza corta rispetto al corpo. Arti posteriori muscolosi, solidi e ben angolati. Visti da dietro gli assi sono dritti. I piedi sono forti, arrotondati con dita ravvicinate. Cuscinetti forti. Le unghie sono nere.
Spalla: ben aderente, pendente e fortemente muscolosa.
Muscolatura: abbastanza ben sviluppata.
Andatura: falcata ampia, non saltellante. Il passo preferito è il trotto.
Coda: attaccata alta, più forte alla radice. Pelo lungo nella parte inferiore. Lunga quasi a toccare il terreno, portata pendente. Coda a spazzola.
Pelo: abbastanza corto.
Colori ammessi: il colore ideale è il cervo scuro, con o senza una leggera spruzzata di peli neri. Anche nero con macchie rosso-marrone sulla testa (Vieraeugl), sul petto, arti, piedi e parte inferiore della coda. Ammessa la stella bianca sul petto.
Difetti più ricorrenti: prognatismo, enognatismo, criptorchidismo, monorchidismo, misure fuori standard, temperamento debole, altezza inferiore a 34 cm o superiore a 42 cm, mancanza di due o più premolari, movimento scorretto, retrotreno difettoso.
Sara Ceccarelli