SEGUGIO ITALIANO
“Sii lodato, o Signore,
per avermi creato e dato un´intelligenza
per comprendere la bellezza
di questa Tua creazione.
Perdonami se talvolta ho sacrificato
alla mia passione
alcune di queste tue creature,
è il compimento di un rito che resta
del primordiale istinto,
quando Tu concedesti all´uomo
la padronanza sugli animali.
Il loro sacrificio mi fa tuttavia capire
la Tua generosità e la mia miseria,
mi propone il rispetto dei Tuoi beni
e i limiti dei miei diritti.
Ed infine, o Signore,
concedimi di essere fedele a Te
con la stessa generosità con cui
il mio ausiliare è fedele a me.
Così sia!”
(Don Nando Armani, “La Preghiera del Segugista”)
Le Origini
Le origini di questa razza risalgono all´aurora della storia dell´uomo, dato che un cane molto simile era presente già nel Paleolitico: è a questa era, infatti, che risalgono delle raffigurazioni scoperte in una grotta, la Cueva de la Vieja, che rappresentano cani che stanano e inseguono la preda per poi portarla al cacciatore primitivo. Si trattava forse già del segugio primordiale.
Tracce di questa razza remota si hanno poi nell´antica cultura egizia che rappresentava il progenitore del segugio moderno come un cane da corsa (ma non un levriero) che accompagnava i Faraoni nelle loro battute di caccia. E´ proprio dalle numerose raffigurazioni egizie che possiamo constatare l´estrema somiglianza dei loro cani con l´attuale segugio, con le particolari lunghe orecchie pendenti, indubbio segno dell´avanzata domesticità. Da quelle regioni africane i Fenici lo avrebbero poi condotto con sé lungo i loro commerci nel Mediterraneo.
E´ in quest´epoca che rimane traccia scritta della razza, nel suo “Cinegetico” infatti, Senofonte la descrive mirabilmente. Il diffondersi della razza non si limita al Mediterraneo ma prosegue, forse al fianco dei Romani, fino alla Gallia. E´ in particolare in una città sul Rodano, Segusiens, che il cane da corsa egiziano viene incrociato col Molosso romano; forse si tratta di uno dei rari casi nella storia in cui una città abbia preso nome dal cane e non viceversa.
E´ ai Romani che dobbiamo una prima vera classificazione dei cani da caccia sulla base del loro utilizzo: essi già distinguevano in Sagaces (segugi) che inseguivano la selvaggina mediante l´olfatto, Celeres (levrieri) che la inseguivano esclusivamente a vista e Pugnaces (molossoidi) che, più potenti, erano in grado da soli di attaccarla ed abbatterla. E´ proprio dai sagaces che nasce il segugio Italiano.
Forse a quest´epoca risalgono le statue di “Diana Cacciatrice” al Museo di Napoli e di “Diana che impugna l´arco” ai Musei Vaticani, dove sono rappresentati cani in tutto simili al segugio attuale. Nonostante i molteplici peregrinaggi della razza, essa può comunque essere appellata indiscutibilmente italiana visto che proprio nella nostra Penisola è stata effettivamente selezionata e avviata alle grandi cacce dei Savoia, dei Gonzaga, degli Sforza, tutti raffigurati in mezzo a mute di decine di cani scodinzolanti e agguerriti nell’inseguimento di cinghiali, volpi e lepri, in un´atmosfera di cavalli, corni e battitori.
E´ proprio del 1600, nel Castello di Borso d´Este, il dipinto di un cane perfettamente simile al nostro segugio Italiano. Fu sempre per mano di selezionatori italiani che si cercò di definirne caratteristiche dissimili da quelle di segugi stranieri. Fu resa più appuntita l´estremità delle orecchie, il cranio perse la forma a cupola dei segugi francesi, si ridusse fin quasi a scomparire il bianco del mantello, fu modulato l´urlo dei francesi nello scagno del segugio italiano.
Fu inoltre eliminato lo sperone, probabilmente originario da accoppiamenti con Bracchi o Spinoni.
Caratteristiche generali
E´ un cane da seguita ben costruito, equilibrato, simmetricamente perfetto, con ossa ben sviluppate, buoni muscoli senza rivestimento di grasso. E´ fornito di buona resistenza e velocità, che lo rendono uno dei migliori cani da caccia del mondo Tutto ciò gli permette di cacciare per ore, anche su terreni difficili.
Il suo carattere assolutamente impavido lo porta ad inseguire con lo stesso ardore sia la lepre sia il cinghiale, rischiando spesso la vita nel contatto diretto col suide che cerca anche nelle macchie più fitte, stanandolo e spingendolo alla portata dei fucili dei cacciatori alla posta. Sa esprimersi al meglio in muta numerosa ma caccia con eguale ardore anche da solo.
E´ usato e lavora perfettamente sia al monte sia al piano e nei terreni più aspri. Il suo olfatto è finissimo e in grado di seguire una traccia, naso a terra, senza lasciarsi fuorviare da nulla. Assolutamente caratteristico il suo latrato armonioso, dolce, a tratti quasi lamentoso, che modula sapientemente durante la battuta a seconda della presenza o meno della selvaggina e della sua distanza. Tenace nel sopportare il dolore, tanto da vedere non di rado cani mutilati da cinghiali, in precedenti battute, aspettare ansiosamente di ritornare in battaglia.
E´ un cane assolutamente di buon carattere, in grado di vivere frugalmente in canili di campagna insieme a molti altri cani; non particolarmente affettuoso ma sempre molto legato al suo proprietario e alla famiglia d´appartenenza. assolutamente non mordace e molto frugale. Ha un caratteristico sguardo gentile, soave ma fiero e malinconico. Oggigiorno sono riconosciute non più due varietà ma due razze distinte di segugio italiano, quello a pelo raso e quello a pelo forte.
Molto simili come struttura fisica si differenziano, oltre che per la tipologia del mantello, per il carattere che appare più riservato e meno esuberante nel segugio a pelo raso.
Standard di razza
Altezza: – maschi da 52 cm a 58 cm – femmine da 48 cm a 56 cm Peso: dai 18 kg ai 28 kg
Tronco: la sua lunghezza è uguale all´altezza al garrese; il garrese è poco elevato. La lunghezza del costato è poco meno della metà dell´altezza al garrese e la larghezza è circa 1/3 dell´altezza al garrese. Il suo torace deve scendere fino quasi al gomito.
Testa e muso: con assi cranio-facciali divergenti e con profilo leggermente convesso. La larghezza del cranio è meno della metà della lunghezza totale della testa. Le arcate sopracciliari sono poco sviluppate e lo stop ha all´incirca 140 gradi di accentuazione. La lunghezza del muso è pari alla metà della lunghezza totale della testa. Le labbra sono fini e sottili.
Tartufo: a forma parallelepipeda; abbastanza grande e sempre di colore nero.
Denti: completi nello sviluppo e nel numero e ben allineati. La chiusura deve essere a tenaglia, anche se è ammessa anche quella a forbice.
Collo: con una leggera arcuatura nella parte superiore e si presenta leggermente convesso. Deve essere i 4/10 dell´altezza al garrese.
Pelle: ben aderente al corpo in ogni sua parte; il pigmento delle mucose, delle unghie e dei cuscinetti deve essere inderogabilmente nero.
Arti: dell´arto sia i posteriori che gli anteriori devono essere in appiombo con ossatura buona e sempre ben proporzionata. L´altezza anteriore fino al gomito è uguale alla metà dell´altezza al garrese.
Spalla: la sua lunghezza deve essere uguale ad 1/3 dell´ltezza al garrese. Deve presentarsi con un?inclinazione di 45-55 gradi rispetto al piano orizzontale.
Muscolatura: di buono sviluppo ed evidente. Totale assenza di grasso. Linea superiore: rettilinea con una modesta convessità alla regione lombare.
Coda: con attaccatura alta, piccola alla radice. La sua punta raggiunge il garretto.
Proporzioni: lunghezza tronco uguale all´altezza al garrese; altezza torace uguale all´altezza dell?arto anteriore; lunghezza canna nasale uguale alla metà della lunghezza totale della testa.
Pelo: di uguale lunghezza in tutto il corpo; sempre liscio e raso. Colori ammessi: fulvo uniforme, nero focato, tollerato il bianco sul muso, sul cranio, sul petto e sui metatarsi e metacarpi. Non ammesso il marrone.
Difetti più ricorrenti: misure fuori standard, assi cranio facciali convergenti, canna nasale concava, monorchidismo, criptorchidismo, enognatismo, anurismo, colori fuori standard, depigmentazione totale del tartufo, occhio gazzuolo.
Sara Ceccarelli