MOSIN NAGANT
Nel panorama delle armi leggere militari, il Mosin Nagant ricopre un ruolo di interesse, se non altro per la lunga storia di servizio che lo ha caratterizzato. Infatti, il progetto originale risale all’epoca nella quale la Russia era governata dallo Zar e la stessa arma è stata impiegata nella prima guerra mondiale, nella rivoluzione e nella seconda guerra mondiale, collezionando una vita di operazioni in circa ottanta anni.
La sua storia nasce alla fine del diciannovesimo secolo (verso il 1880 circa), quando i vertici dell’esercito russo, che all’epoca utilizzava ancora i vecchi Berdan, ritennero necessario dotarsi di un’arma a ripetizione che era ormai utilizzata dalla maggior parte degli eserciti europei. I riferimenti erano perciò altre ordinanze bolt action utilizzate in giro per il mondo quali i Mauser, i Lebel, i Mannlicher, i Lee Metford ecc.
La progettazione fu affidata ad un ufficiale dell’esercito russo, Sergei Mosin, che iniziò a lavorare realizzando diversi brevetti studiati per un munizionamento di grosso calibro (10,3 mm). Gli orientamenti delle contemporanee armi europee erano, però, per calibri inferiori e verso la fine degli anni ottanta il capitano Mosin progettò un fucile dotato di un caricatore a 5 colpi, in calibro “3 liniya”, che può corrispondere ad un 7,62 mm.
L’arma, comunque, non soddisfò a pieno i valutatori ed un nuovo disegno fu commissionato al progettista belga Leon Nagant che produsse un bolt action in calibro 8,89 mm. Le due armi furono testate e confrontate e, pur risultando nettamente migliore il fucile di Nagant, azioni subdole all’interno della commissione di valutazione tennero a galla il progetto di Mosin ed alla fine si giunse ad una soluzione di compromesso che vide la scelta del fucile progettato dall’ufficiale russo integrato con il sistema di alimentazione ideato dal belga.
Nacque così il Mosin Nagant che prese il nome di “Pekhotniya vintovka 1891 g”. Per il inciso, era l’anno in cui l’italiano Carcano progettava il noto fucile che avrebbe servito l’esercito italiano per generazioni. Nei primi anni del novecento, il Mosin Nagant subì numerosi interventi di modifica; in primis, per la munizione venne scelta una nuova palla spitzer, mentre altri interventi riguardarono la progettazione di una nuova tacca di mira a foglia, resasi necessaria per le diverse doti balistiche della nuova munizione.
Di questo periodo furono anche interventi strutturali volti alla realizzazione dei Mosin Cosacchi, che si caratterizzavano per un diverso alzo e per l’assenza, innaturale per un fucile da guerra, della baionetta; questa decisione fu presa poiché i Cosacchi avevano già in dotazione un’arma bianca. Il Mosin Nagant 1891 era comunque un’arma pesante e scomoda da portare, in particolare per tutte quelle truppe non di linea, che per necessità di movimento (per esempio la cavalleria) avevano bisogno di poco ingombro e ridotto peso.
Per queste truppe fu perciò ridotto da 128 a 101 cm, diventando la carabina M1907. Dopo la rivoluzione d’ottobre, il nuovo governo ordinò piccoli interventi di modifica e l’arma corretta divenne il fucile d’ordinanza dell’Armata Rossa con la denominazione di 1891/30. Il fucile veniva prodotto nei due principali arsenali di Izhesck e Tula ed entranbi, durante la seconda guerra mondiale, rimasero sempre nel territorio occupato dai russi continuando a sfornare le grandi quantità di armi che l’immensa Armata Rossa richiedeva.
Durante la durissima prova della seconda guerra mondiale, i Mosin Nagant subirono alcuni miglioramenti che furono definiti nel modello 1944 tra i quali il ritorno della baionetta, questa volta pieghevole. Questo modello fu l’ultima modifica effettuata, dopodichè l’esercito russo nel dopoguerra optò definitivamente per le armi semiautomatiche. Ma la sua storia non fini quì; gli stabilimenti furono spostati in Polonia e l’arma vide ancora la sua operatività nella guerra del Vietnam, a Cuba e durante l’invasione sovietica dell’Afghanistan da parte dei guerriglieri locali. Queste armi molto diffuse negli USA sparano ancora nelle gare per ex ordinanza e sono in mano sicuramente a qualche cacciatore nelle steppe sconfinate dell’ex unione sovietica.
Alessio Ceccarelli