IL CANE E LA PREGHIERA di Rodolfo Grassi

Una storia antichissima e piena di significati Il cane e la preghiera. Per Sant’Ambrogio doveva esser preso a modello dai Cristiani. Carlo Magno ed i Visconti vietarono di portarli in Chiesa. I Bestiari.

Il cane è l’umanità allo specchio. Ne racconta vicende e vicissitudini, quotidianità e storia. Il tutto con un pizzico di poesia ed ancora tanto mistero. Perché sin dal tempo delle caverne continua a svelare lentamente la sua magia. Proprio come un racconto lungo secoli e secoli ed ancor oggi non terminato. Così nel leggerne il libro dell’esistenza cogli frammenti che fecero la storia ed oggi la confessano. Come una favola vissuta. Una riguarda il cane e la chiesa.

Così lo videro i Santi ed i predicatori che andavano di villaggio in villaggio a far scoprire alla gente frammenti della loro anima. Carlo Magno (742-814) in un suo “capitolare” che poi altro non era se non una norma di legge, proibì di portarli in chiesa. Perché ce n’erano troppi ad affollare i templi e la funzione rischiava di diventare più una passerella di uomini ed animali piuttosto che un ponticello verso Dio e su cui far scorrere i propri pensieri. Identico provvedimento alcuni secoli anche da parte dei Visconti a dimostrazione che ladisposizione era ignorata proprio perché le mute- e Bernabò Visconti (1323-1385) signore di Milano aveva cinquemila cani- significavano una manifestazione tangibile del potere.

Ed anche questo sta a significare quale posizione fosse stata raggiunta dal cane. O almeno dai cani dei ricchi e dei dominatori. Perché il cane ha questo di bello, che lui come nessun altro animale segue l’uomo nella buona o nella cattiva sorte. In ogni mitologia il cane viene sempre associato alla morte, al mondo dell’invisibile dove vanno le esistenze che finiscono sulla terra. Ha quindi la funzione di guida all’uomo nella notte della morte dopo esserne stato compagno nella luce dell’esistenza così ciascun popolo mise a guardiano dell’universo delle tenebre un cane dandogli sembianze terribili di guardiano. Come Cerbero, cane a tre teste, che simboleggiano la distruzione del passato, del presente e del futuro. Tutto il suo corpo era ricoperto non di peli ma di velenosissimi serpenti che ad ogni suo latrato si rizzavano, facendo sibilare le proprie orrende lingue. Il suo compito era impedire ai vivi di entrare ed ai morti di tornare indietro.

Nella religione il cane ha sempre avuto un significato ambivalente: nell’antico testamento negativo, successivamente divenne un riferimento positivo tantoché San Cristoforo (martire nel 250) cinocefalo è rappresentato con la testa di cane. E secondo alcune interpretazioni sarebbe una trasposizione di Anubi, dio egiziano dalla testa di cane e che era tramite tra il regno dei vivi e quello dei morti “traghettando” le anime dei defunti così come san Cristoforo era traghettatore di Cristo. I Celti lo associavano all’universo dei guerrieri, al contrario di Greci e Romani e paragonavano i loro eroi ai cani nell’intendo di esaltarne il valore.

Tutto all’opposto dell’Islam secondo cui il cane- ad eccezione dei levrieri- è il simbolo di quanto c’è di negativo nella creazione. Tutti gli autori cristiani lo ritengono il più intelligente fra gli animali. San Girolamo una sensibilità che equivale alla ragione”. Sant’Ambrogio (1334-1397) nemico della caccia ( la pratica venatoria impediva ai servi di andare a messa perché costretti dai patrizi a partecipare alle battute). Nell’Exameron dice “Nessuno potrebbe dubitare che il cane sia privo di ragione, tuttavia se consideriamo come sia acuta la sua sensibilità, possiamo ritenere che egli . grazie a questa sua straordinaria facoltà,è dotato di una forte capacità ragionativa”. Inoltre lo indica come modello ai cristiani per la sua fedeltà e la riconoscenza. Isidoro li esalta scrivendo fra l’altro che “si espongono alla morte per i loro padroni”.
 
Ugo da San Vittore (1096-1141) nel suo “Bestiario” elenca le diverse razze dei cani indicandone i singoli pregi:i cani da caccia esplorano i boschi,quelli da pastore custodiscono le greggi, quelli da guardia impediscono ai banditi di avvicinarsi alle case. Poi passa ad esempi che ben si adattano alla dottrina cristiana e per ben comprenderli nella loro suggestione occorre immaginare la voce del predicatore in una chiesa del Medioevo. La lingua del cane guarisce le ferite leccandole: proprio come la confessione fa con il peccatore che lo guarisce dalle ferite prodotte dal peccato all’anima. Il cane rimangia spesso ciò che ha vomitato ed è simile a quei cristiani che dopo la confessione ricommettono gli stessi peccati.

Se il cane attraversa un fiume con un pezzo di carne in bocca e la vede riflessa lascia quanto è in suo possesso convinto di prendere un boccone più grosso:proprio come gli uomini che per ingordigia lasciano il certo per l’illusione di un maggior beneficio. Autentica l’ammirazione per il veltro (il nome che deriva dal celtico indica la prerogativa di inseguire il selvatico) citato ripetutamente nellA Divina Commedia (Inferno- 100-102) “Molti son gli animai a cui s’ammoglia (la lupa) e più saranno ancora in fin che ‘l veltro verrà che la farà morir di doglia”. Nessun stupore quindi che in Cielo, considerato il riflesso della terra, gli antichi “vedessero” proprio la costellazione dei cani da caccia immaginandoli levrieri ed anche quella del Cane maggiore che ospita Sirio la stella più luminosa e fu collocato nel cielo da Giove come premio per aver vinto nella corsa la volpe. Accanto a lui il cane minore, uno degli ausiliari di Orione fatto sbranare da Diana per aver osato guardarla mentre la dea faceva il bagno.
 
Rodolfo Grassi

Cosa sono i Bestiari

Una spiegazione esemplare di che cosa siano i Bestiari, cosa ebbero a significare e significhino ancor oggi la si deve al professor Franco Cardini: “Mostri, belve, animali alimentano l’immaginario demoniaco, ma al tempo stesso passano sotto il velo dell’allegoria a far parte dello stesso tessuto religioso cristiano (si pensi all’Agnello, alla Colomba,) o prolungano la loro vigorosa presenza culturale antica per popolare delle loro immagini il pensiero allegorico e morale del mondo cristiano.

Li ritroviamo nella scultura romanica e gotica, nei simboli araldici, nei trattati enciclopedici. Elaborazioni culturali o presenze reali che siano, essi sono sempre e comunque “segni”: non ha, quindi, molto senso distinguere il mostro dall’animale reale, non serve a nulla osservare che i centauri e le sirene non sono esistite mentre il lupo e l’orso sì. L’uomo medievale non ragionava secondo categorie di questo tipo. In un certo senso, il centauro e la sirena gli erano altrettanto famigliari non solo del lupo e dell’orso, ma anche del cane e del cavallo: nel senso, vogliamo dire, dell’uso allegorico che egli ne faceva.

Ed è questo diverso modo d’intendere la realtà che noi dobbiamo comprendere: questo, e questo solo, è il “disincanto” che bisogna realizzare rispetto alle radici del nostro Immaginario”. Più in particolare Pierre de Beauvais autore di uno dei primi bestiari (1218) scrive “Qui comincia il libro chiamato bestiario, così denominato perché parla della natura delle bestie “ ed aggiunge poi “ tutte le creature che Dio creò sulla terra le creò per l’uomo, e affinché l’uomo possa ricavarne esempi di religione e di fede”.