LECTIO MAGISTRALIS SULLA CACCIA ALLA BECCACCIA IN SICILIA di Salvatore Galeano

Salvatore mi ha autorizzato di ripubblicare questa “lectio”, una brillante lezione che ho assemblato per fare conoscere alle giovani leve dei cacciatori quanto sia difficile andare a caccia di “Regine”.

Occorre essere pronti, vigili e rapidi per ottenere il “premio”.
 
Nel racconto, si sognano le azioni del cane, l’ambiente con le spine dei rovi, delle rose canine, i pungitopo, le querce.. con gli occhi della memoria si rivedono le località dei Nebrodi, come il Flascio, Cesarò, il sambucheddu, le faggete e poi “loro”, le Regine, “Amore e Morte” di un magico uccello.

Spero che questa “lezione” sia utile.
E’un articolo del 2006. ma ancora attuale.

Un bravo e grazie a Salvatore Galeano.

Armando Russo
Federcacciatore e giornalista
Messina


“Per un siciliano parlare di beccacce è quanto mai difficile se non impossibile perché rischia di non essere creduto…”


Mi è capitato molte volte che il mio cane vada in ferma tre-quattro volte di seguito a vuoto senza che io o il cane abbiamo visto la beccaccia. Molti anni fa mi capitò, assieme ad un mio amico, di cacciare a Maniace (Nebrodi) nei boschi della Ducea dell´ammiraglio Nelson. Ebbene in una mattinata, Gigi III, il mio spinone dell´epoca, ne fermò una ventina senza che riuscissimo ad abbatterne una. Era un continuo susseguirsi di filate, guidate, ferme e sfrulli. Il cane era in ferma e la beccaccia partiva da destra o da sinistra o da dietro a noi o molto avanti al cane.
 
Quando, per l´ennesima volta, il cane andò in ferma, sono corso avanti al cane e ho visto la beccaccia che correva come un coniglio, l´ho inchiodata sul terreno con una fucilata anche se non è sportivo. Il terreno dove cacciavamo, senza saperlo, era zona rimboschimento, per cui le beccacce non erano disturbate da nessuno. Di lì a poco finimmo nelle braccia di due guardie forestali che ci aspettavano con le pistole in pugno, incavolate nere perché stavamo cacciando a cento metri della loro casermetta.
 
Riuscimmo a spiegare che eravamo là per la prima volta e che non conoscevamo i luoghi. Le guardie, avendo capito la nostra sincerità, ci restituirono i fucili, e tutto finì con una stretta di mano. Altri tempi! I Nebrodi, ottantacinque mila ettari di boschi, sono il regno delle beccacce nei mesi invernali, neve permettendo, ed erano il paradiso dei cacciatori. Da tredici anni sono parco, uno dei tanti parchi che sembrano istituiti per fare un dispetto ai cacciatori. La caccia alla beccaccia è il tipo di caccia che più mi appassiona, perché non è circoscritta al solo sparo ed alla raccolta della possibile preda.

Mi entusiasma il lavoro del cane, che mi tiene con il fiato sospeso fino alla conclusione della sua azione con il mio sparo. La caccia alla beccaccia è come una partita a poker: necessita di due cacciatori, che si intendano con lo sguardo e a gesti, di un cane, che conosca il suo mestiere, e di lei, l´ineffabile e l´insuperabile regina dei boschi. Cacciare la beccaccia non è una cosa semplice, occorre molta esperienza. Un cacciatore per definirsi beccacciaio deve avere una esperienza di caccia di dieci anni e deve aver lasciato brandelli di vestiti e tracce di pelle umana sulle punte acuminate ed a forma di uncino delle spine di rovi, rosa canina ed altre piante spinose.

Una battuta a beccacce non deve durare più di quattro-cinque ore, altrimenti la fatica prende il sopravvento, i riflessi rallentano con quel che ne segue; padelle e possibili cadute. Alla beccaccia bisogna sparare d´istinto il primo colpo; se non cade, indirizzare il secondo un po´ in basso od in alto a seconda della direzione che prende. A volte funziona. Non bisogna preoccuparsi delle padelle, alla beccaccia si spara: punto e basta.

Se non cade se ne cerca un´altra. All´ultimo tarantolato dal sacro fuoco della passione per la beccaccia, suggerisco di tenere bene in mente che le beccacce sono come le donne: imprevedibili. Molte volte mi capita di sparare come se avessi in mano un mitra, perché la beccaccia non mi dà il tempo di imbracciare l´arma. Il classico pa-pa-pa è un ricordo dei bei tempi andati: qui le beccacce partono come saette, mortaretti, fiondate; spesso sparo nel folto con la tecnica di cui ho detto sopra.

Mi è capitato di avere come compagno un cacciatore generico, il quale, sentendomi sparare, ebbe ad esclama «A che cosa hai sparato?». Non si era accorto che a pochi metri innanzi a noi era partita una beccaccia. E poi, silenzio assoluto e muoversi con cautela evitando di sfrascare e di fare rumore. Mai come a caccia il silenzio è d´oro: il silenzio fa la differenza a favore del cacciatore. In Sicilia si ha l´en plein di beccacce quando, in novembre, l´anticiclone si sposta sui Balcani portando con sé neve e gelo.

Le beccacce sono strette ad abbandonare i Paesi balcanici ed anche le regioni meridionali d´Italia e ad attraversare lo Stretto di corsa. In queste condizioni climatiche le beccacce si fanno fermare dal cane perché sono stanche e pertanto sono restie ad involarsi. È questo il momento in cui bisogna approfittarne. Qualche considerazione va fatta sul cane da ferma. Ovviamente ognuno ha le proprie preferenze; per quel che mi riguarda io ho sempre avuto spinoni, perché li considero più adatti ai terreni duri ed aspri di Sicilia.

Mi preme sottolineare un particolare: il cane, di qualunque razza esso sia, deve avere il manto di color chiaro per essere ben visibile nel bosco e nel sottobosco. E poi in un cane col manto color chiaro è facile individuare zecche e pulci. Il che non è poco, lo ho sempre avuto dei bellissimi spinoni provenienti da vari allevamenti, purtroppo la leishmaniosi me li ha sempre distrutti. Mentre scrivo mi ritorna in mente l´azione di Gigi III. In un giorno di caccia in una zona chiamata Flascìo (Nebrodi), Gigi III va in ferma. Sono in un terreno in pendenza, mentre salgo arrivano due setter scampanellando senza dare importanza a Gigi III.
 
Parte una beccaccia che riesco appena ad intravedere, più in alto sento una fucilata ed una voce che mi dice: «Venga a prendersi la beccaccia». Gigi è sempre in ferma. I due setter vanno avanti ed indietro. Incuriosito mi avvicino al cane, parte una seconda beccaccia a candela, prima che scompaia fra i rami la tiro giù con una fucilata. Un´altra volta mi trovavo con amici e Gigi V nei boschi di Malabotta (oggi Riserva), il mio cane va in ferma, arrivano i setter dei miei amici senza che avvertano nulla.

Poi parte la beccaccia, inseguita inutilmente dalle nostre fucilate. Per sostanziare quanto detto in premessa, passo ad elencare alcune esperienze d´incontri con beccacce il cui comportamento vale la pena raccontare. Agli albori della mia attività venatoria ero a beccacce dietro le colline di Taormina. Avevo con me Gigi II, un simpatico spinone che mi aveva mandato la buonanima di Bruno Salvatori da Firenze. Il cane è in un boschetto di castagni e dal suo comportamento capisco che è sulle tracce di una beccaccia. Senza che lui se ne accorga la beccaccia esce dal boschetto.

Una fucilata e viene giù come uno straccio. Tutto giulivo e rilassato ricarico e mi avvio a raccogliere la preda, mentre Gigi Il va avanti ed indietro come un matto perché non ha visto da dove è partita la beccaccia. Giunto vicino alla beccaccia, con mia grande sorpresa, parte come una fiondata, faccio in tempo a tirarle dietro due fucilate; con una trancio un ramo di castagno ma lei se ne va indenne. Sempre nei luoghi di cui ho parlato sopra, un altro giorno Gigi II scompare fra le macchie; capisco che è dietro ad una beccaccia ma non vedo niente. Dopo una ventina di minuti il cane ritorna e si mette accanto a me. Insieme scendiamo verso il fondovalle attraverso una strada sterrata.

Giunti in prossimità di una curva, una beccaccia s´invola come se catapultata in avanti. Riesco a tirarle una fucilata mentre svicola nella valletta accanto. Non so cosa le sia successo, sono dubbioso di trovarla viva o morta (se l´ho presa) perché il terreno è troppo immacchiato. Il cane che era accanto a me è scomparso, non so dove sia andato, ritorno sui miei passi per vedere quello che si può fare. All´improvviso scorgo Gigi II in alto con la beccaccia in bocca.

Mentre scrivo ho innanzi agli occhi il cane con la beccaccia che mi guarda con sguardo trionfante come volesse dire: «Ti sembrava che non la trovassi!». Un giorno passavo sotto una grossa quercia, il cane era altrove. Vedo un bel porcino e mi avvicino per raccoglierlo. Mentre mi chino mi frulla in faccia una beccaccia, mi schiaffeggia con le ali e prima che io mi riprenda dalie sberle, scompare senza lasciare recapito. Cacciando nei boschi dei Nebrodi me ne sono capitate di belle.
 
Un fresco mattino di novembre io ed un mio amico cercavamo beccacce nei boschi vicino Cesarò. Gigi terzo comincia ad agitarsi, entra ed esce dalle ginestre. Avviso il mio amico che Gigi III ha la beccaccia che gli pedina innanzi. Siamo tutti e due schierati nell’attesa che la beccaccia s´involi. Passano i minuti: cinque, dieci, venti ma non succede niente. Il mio amico, che è un po´ grassottello, si stanca e rimane indietro, io seguo il cane, per quel che posso, in mezzo a ginestre di media altezza. Anch´io ho perso le speranze, penso che si tratti di un giovane coniglio che gioca con il cane.

Dove mi trovo ora il terreno è in pendenza, fra le cime delle ginestre e i rami delle querce c´è uno spazio di pochi metri, vedo apparire la beccaccia per un attimo, la inseguo con una fucilata. Alcuni minuti dopo Gigi III ritorna con la beccaccia in bocca. Son stanco a causa del terreno difficile e per la tensione nell´attesa della beccaccia. Risalgo lentamente verso l´alto finché non raggiungo un´ampia strada sterrata con sponde di cemento. Mi siedo su di un lato di essa per riposarmi e per aspettare il mio amico che è rimasto in basso.

Fumo una sigaretta, nel frattempo scende un trattore che si tira dietro un carro carico di balle di fieno. Sobbalzando fra buche e pietre fa un fracasso infernale, lo sono sempre seduto con le spalle appoggiate a dei grossi polloni di un albero di cui non ricordo la specie. E passata una mezzoretta, Gigi III è in giro a cercare beccacce. Finalmente il mio amico compare dal basso avanzando lentamente. Quando arriva ad una ventina di metri da me mi dice qualcosa che non ricordo. In quel medesimo istante, dietro il mio sedere, esplode fragoroso il frullo di una beccaccia. Trasalisco. Afferro il fucile e la saluto con due fucilate. Sammucheddu, cuore dei Nebrodi. Una fredda mattina di dicembre.

Mi parte a candela dal piede di un albero dritto una beccaccia. La beccaccia sale, sale, mentre sale vedo solo le punte estreme delle remiganti. Impossibile spararle. La seguo con gli occhi e con il fucile nelle mani, pronto per assestarle un colpo nel momento in cui si mostra. Niente da fare, scompare. In una radiose giornata di sole di dicembre di anni fa, mi trovo con un amico sui monti intorno a Randazzo (Nebrodi) in mezzo a ginestre, roveti e macchie di rosa canina. Il mio amico esplode in rapida successione due colpi, lo, che mi trovo in posizione più bassa, mi avvicino.

Gli chiedo a che cosa abbia sparato, «Due beccacce», risponde, «Una è caduta e non riesco a trovarla». Arriva Gigi V, dà una sniffata intorno e se ne va per i fatti suoi. Continuiamo a cercare per un bel po´ ma non troviamo neanche una penna. Spazientito gli chiedo: «Penne in aria ne hai viste?». «No», risponde. «Allora la beccaccia ti ha preso per il c…o. La fucilata le è passata sopra la testa, si è buttata a terra e si è dileguata», gli dico. Proseguiamo. Poco dopo il mio amico mi avverte che Gigi V è sulle tracce di una beccaccia. Subito dopo sento un colpo, alzo gli occhi e vedo la beccaccia che attraversa la mia visuale da sinistra a destra. Imbraccio e sparo.

La beccaccia si blocca in aria, inverte direzione e rimane sospesa nell´aria sbattendo le ali come un falco pellegrino. La osservo sbalordito per alcuni secondi non sapendo cosa fare. Ma poi, per evitare qualche sua furbata, la tiro giù con il secondo colpo. Ripensandoci, credo che non avrei dovuto abbatterla, per vedere come andava a finire. Sicuramente qualche pallino la deve aver stordita e fatto perdere il senso dell´orientamento. Zona Flascio di molti anni fa, sempre sui Nebrodi. E mezzogiorno e sono stanco, è l´ora per me di staccare. Ridiscendo verso la strada che mi porterà alla macchina.
 
Gigi V mi precede. D´improvviso alza la testa e deciso attraversa la strada. Beccaccia sicura. Subito dopo vedo una beccaccia scivolare d´ala sotto i perastri. Il cane si sposta sulla sinistra perché sotto scorre il fiume ed io lo seguo concitato. Nuova guidata, nuova ferma e la beccaccia che plana verso il basso. La scena si ripete per un paio di volte. Quando ancora una volta trovo il cane in ferma su di uno spiazzo di terreno pulito punteggiato da ciuffi di pungitopo, decido di farla finita. Con il fucile spianato supero il cane passandogli accanto, brandendo l´arma a destra ed a manca. Non succede niente. Insospettito mi giro indietro.

Il cane è sempre in posa. Mi rendo conto che la beccaccia è innanzi a lui. Lentamente ritorno sui miei passi guardando attentamente per terra. Giunto a qualche metro dal cane scorgo la beccaccia accovacciata come una chioccia fra alcune piantine di pungitopo. Prego chi mi legge di notare l´intelligenza quasi umana dell´uccello. Nel momento in cui i miei occhi si incontrano con quelli bellissimi e vellutati della beccaccia, capisce che è stata scoperta. Schizza via come una fiondata.

Mi giro su me stesso e le lancio dietro le due polpette avvelenate dello Hemingway. Che non gradisce. Stizzito e contrariato penso che la storia sia finita lì. Invece, mentre sto per ricaricare, mi passa sopra la testa, mi sgancia una cacchina e scompare nel folto. A momenti me la faceva in bocca, la spudorata. Salvatore Galeano