UNA DOMANDA CHE FACILE NON E´… di Renzo Stella

Parafrasando Marzullo si potrebbe dire: “Fatti una domanda e datti una risposta – La caccia serve per vivere o si vive per la caccia?
Ma tutte e due le ipotesi, ovvio!

Anche se per la prima si avrebbe molto da dire e ridire; non è lo stesso per la seconda. La carne, le proteine e le vitamine (quest’ultime poche in verità ) si possono trovare comodamente passeggiando tra gli scaffali del supermercato sotto casa. Soprattutto, visto i vari balzelli, a molto, molto meno prezzo di quello a cui siamo abituati a versare con bollettini e burocrazie varie per poter cacciare. Senza entrare nel merito dell’emozione che, anche se tanta e sempre forte, appare smorzata e dilaniata da campagne mediatiche avverse, che queste provengano da giornali o da sparate politiche di Ministri pittati in rosso ramato.

La seconda, invece, almeno per il sottoscritto risulta ovvia. Si vive per la caccia, si spende per essa, ci si sacrifica e non poco; ma lo si fa con il cuore pieno d’amore.
Amore verso il proprio cane, amore verso la Natura, amore verso il Bello del Creato.
Vivere per la caccia non è un ossimoro letterario; vivere per la caccia è un’arte che possiede dentro chi la pratica. Arte, sì, arte vera e propria, che in pochi conoscono.
Arte nel saper comunicare con il proprio ausiliare, come se si regredisse nel tempo in un linguaggio ancestrale; e quando ci si riesce a gesti ed occhiate, senza urli, fischi o sbracciamenti, in silenzio rispettoso, allora penso si sia toccato l’eden della soddisfazione.
Maneggiare un attrezzo che potrebbe essere soggetto degno per una tela di un grande pittore, eppure è un manufatto in legno e acciaio, capace di uccidere.

Uccidere! Ecco la parola che stona e getta fango su tutta la poesia.
La morte non è mai una poesia, ma è necessaria per la vita stessa; ne fa parte, è imprescindibile e non staccata da essa. La morte fa parte di noi tutti, di tutte le specie viventi; animali o piante. Perché non accettarla per quello che è? La morte di un animale cacciato non è mai bella né nobile; nobile è l’azione che si è perseguita per giungere inevitabilmente alla soluzione finale; il colpo dell’arma come fine a se stesso non lo sparo per accelerare battiti o creare emozione. E’ solo l’ultima fase di un’azione perfetta di predazione.

Quanti cacciatori ho visto accarezzare le piume dell’uccello colpito, come se il farlo potesse ridargli la vita; che bello sarebbe! Ma è solo una prerogativa Divina.
Personalmente sono uno di questi e non posso esprimere correttamente il fastidio che mi da una preda ferita; non ne sono capace tanto esso è.
Eppure, eppure mi armo, carico e vago con il mio cane in cerca dell’animale sperando di far cantare, alla fine, il fucile.
Non me ne vergogno affatto, caccio per vivere, ma non di carne: vivere per poter tornare indietro nel tempo; vivere per poter piangere per la bellezza di un’alba o di un tramonto, sperando di poterne godere un altro e un altro ancora.
Vivere per poter parlare con me stesso, cercare dentro di me gli errori di una vita, un Karma che mi faccia comprendere come ogni azione risponda ad un principio di concatenazione secondo il quale ogni azione provoca una reazione.

Lo sparo, ad esempio, provoca morte, la stoltezza provoca incidente, la maleducazione provoca irritazione negli altri. Vivere per stare bene con me stesso; stringere la mano calorosamente al viandante di passaggio, dialogare, stringere amicizie; accarezzare, per ringraziarlo, la testa del mio amato cane.

Vivere per sentirsi piccolo, insignificante, un granello di inutile polvere davanti alla bellezza della Creazione; e sapere che per un attimo ho in mano tutto questo… senza poterne disporre; solo un prestito per poche ore. Ore che valgono anni di ricordi indimenticabili, di risate in compagnia di amici, di beatitudine alla vista di un cane che ben si comporta, di meraviglia dinnanzi ad un manufatto splendido; di vera, struggente, commovente ammirazione per la bellezza di quello che si para davanti oltre la collina, da togliere il fiato.

Di ricordi amari per chi non c’è più, per chi ora vive tutto questo accanto a chi lo ha Creato, senza essere perseguitato da altre anime invidiose che non sanno cogliere la bellezza in tutto ciò.

E fu la ferma … il cane non mi guarda più, non mi cerca; sente solo la mia presenza accanto a lui, la parolina sospirata di incitamento, in una complicità millenaria, ed il frullo dell’uccello che cerca la fuga; in un gioco di vita e di morte, dove la vita è morte e la morte è vita.

E finalmente si avvistano in lontananza… stormi di uccelli neri ……Gira su’ ceppi accesi lo spiedo scoppiettando: sta il cacciator fischiando su l’uscio a rimirar tra le rossastre nubi stormi d’uccelli neri, com’esuli pensieri, nel vespero migrar...

Ecco la caccia. Ecco il cacciatore.
Ecco ciò che scrisse il poeta.

Renzo Stella