ADELE MORELLI, UN AVVOCATO AL SERVIZIO DELLA CACCIA



D: Come mai, Avvocato, ha deciso di abbracciare, quale ambito di competenza professionale, il mondo venatorio?

R: provengo da una famiglia con tradizione venatoria, fin dall’inizio della mia professione mi sono trovata ad affrontare questioni inerenti il diritto venatorio e delle armi ed ho maturato subito un profondo interesse verso quest’ambito professionale; la preparazione richiesta per questo settore richiede conoscenze che spaziano dal diritto amministrativo, al diritto penale, al diritto civile, alla balistica, alla tecnica di maneggio delle armi; peraltro, questa “branca” del diritto, se così la si può definire, è in continua evoluzione, è fatta di normative che vengono costantemente modificate, circolari esplicative o integrative emanate con grande frequenza, l’aggiornamento costante è pertanto d’obbligo.

D: è insolito che una donna, per di più giovane, si interessi a questioni di carattere venatorio o balistico…

R: sì, in effetti è insolito, ma, ripeto, personalmente trovo l’ambito di studio interessante e stimolante. Sebbene sia giovane, ho dato e sto dando un mio contributo al settore venatorio e delle armi, consapevole che spesso l’utente si trova smarrito tra una pletora di norme a volte poco chiare e che mutano in continuazione, mentre talora diventa difficile anche il rapporto con i pubblici uffici competenti, anche loro sofferenti per la disorganicità della materia; spesso accade che si trovino interpretazioni diverse delle norme a seconda delle varie Questure e Prefetture.

Per quanto riguarda la normativa venatoria propriamente detta, poi, mi riferisco alle leggi regionali sulla caccia che hanno recepito la legge 157/1992, troviamo differenze sostanziali nei contenuti anche tra regioni limitrofe che spesso hanno un ambiente ed un patrimonio faunistico simile: credo si debba prestare una grande attenzione al territorio, alla sua conformazione e alle sue risorse e da lì ricavare gli elementi su cui lavorare per rilanciare la caccia e, appunto valorizzare il territorio medesimo e le sue risorse.
Dico questo per due ragioni: da un lato, come già detto, bisogna osservare il territorio e verificare la vocazione venatoria delle varie aree e le loro potenzialità in quest’ambito, visto che l’ambiente è in continua evoluzione e si riduce sempre più lo spazio materialmente disponibile all’attività di caccia: fenomeni quali l’abusivismo edilizio incontrollato, la costruzione di strade, la collocazione di impianti fotovoltaici, la presenza di impianti serricoli limitano notevolmente le possibilità di far uso del territorio a fini venatori, pertanto vanno studiate soluzioni in tal senso, compatibili con le esigenze dell’ambiente; dall’altro lato, la caccia deve essere valorizzata e tenuta nella debita considerazione quale risorsa importante: essa muove l’indotto, favorisce taluni settori dell’economia, tra cui quello armiero, grande vanto per il nostro Paese, basti pensare che alle ultime Olimpiadi si è sparato con armi e munizioni prodotte da una nota impresa armiera di Brescia, e, soprattutto, aiuta l’ambiente.

E’ d’obbligo tenere presente che la caccia è anzitutto ecologia, il contributo fornito dai cacciatori all’ambiente è fondamentale: la loro attività garantisce il mantenimento dell’equilibrio nell’ecosistema, funge da selettore naturale nei confronti delle vaie specie di animali impedendo che divengano infestanti ed invadano le nostre città, favorisce la pulizia del territorio. Il cacciatore è il primo amante e grande conoscitore della natura.

D: è quindi, oltre che un’esperta, anche un’appassionata del diritto venatorio?

R: direi proprio di sì, lo studio del diritto venatorio e delle armi ormai da sei anni fa parte integrante della mia professione. Dal 2010 faccio parte del gruppo di lavoro per la modifica della legge caccia della Regione Lazio, partecipo anche al Comitato Tecnico-Faunistico-Venatorio della Regione, sono stata autrice di recente di un dossier sul diritto venatorio e delle armi dal titolo “Il cacciatore e la legge” pubblicato in allegato al numero di ottobre della rivista Armi e Tiro e periodicamente pubblico miei contributi sul diritto venatorio e delle armi sulla rivista Diana e su altri siti di interesse venatorio.

Si tratta, in sostanza, di contributi che vanno nella direzione di chiarire agli utenti il senso della normativa di riferimento approfondendo di volta in volta tematiche relative alle problematiche più diffuse.

D: per chiudere, può fornire qualche consiglio ai cacciatori, così da evitare di incorrere in violazioni di legge?

R: usare la massima prudenza e diligenza nella manutenzione, nella custodia e nel maneggio ed uso dell’arma. Tenere l’arma sempre in ottimo stato, recarsi dall’armiere al primo cenno di difetto o anche solo se ci cade a terra, verificare sempre la funzionalità e lo stato di usura dei congegni di sicurezza e del grilletto, mantenere le canne sempre ben pulite, perché anche un minimo corpo estraneo potrebbe causarne l’esplosione, si incorre in responsabilità penale anche nel caso di evento di danno causato dalla cattiva manutenzione dell’arma. Custodire con la massima diligenza l’arma, tenerla sempre scarica se non per ragioni di uso immediato ed evitare ogni situazione in cui soggetti terzi, soprattutto minori, incapaci e inabili la maneggio delle armi, possano entrare in possesso di armi e munizioni.

Al momento dello sparo si deve tenere conto delle circostanze di tempo e di luogo, della probabile rosa di tiro, dell’azione di eventuali agenti atmosferici: si deve sparare solo se si ha la certezza che il proiettile colpirà la selvaggina o comunque è diretto verso di essa, mai sparare quando si è nell’impossibilità di controllare l’assenza di persone nell’area o comunque in presenza di abbondante vegetazione, cioè mai sparare senza accertarsi dell’assenza di persone, poiché un colpo esploso in modo imprudente dà luogo a responsabilità penale per lesioni colpose o addirittura omicidio colposo.