L’ARTE DELLA CACCIA di Sebastiano Cavallaro

La caccia è un’ atavica tradizione tramandata al nostro DNA dai nostri antichi parenti.

Questo è un breve racconto d’amore di un’arte, di una passione goliardica a volte bella a volte drammatica. Mio padre era un cacciatore, un grande cacciatore, come il padre dei miei compagni.
Noi siamo gli eredi di una civiltà antica, arcaica, la nostra mente è piena di ricordi ancestrali, di racconti di caccia dei nostri avi, dei nostri padri, i nostri eroi, e di cani morti, fedeli amici sempre presenti nei nostri pensieri
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…I monti, i boschi, la prateria… io son seguace di Diana, questa è casa mia. Quanti sogni, quante speranze, quanta energia. La sera prima della caccia con i compagni di ventura si sceglie il bosco o la radura. È arrivata la regina, si lei… la beccaccia.

Si prepara l’occorrente, campanelli per i cani e la cartuccia, il piombo, la polvere,e che sia quella giusta!
Si consulta l’anziano edè lì che sta l’arcano, una vecchia sua ferita è un barometro per noi, “Zi Nicola come state? I dolori come vanno? Domani com’è il tempo?”
La risposta è senza inganno, Zi Nicola è veritiero, il vegliardo guarda il cielo, nicchia con la testa, e ci dà la sua risposta “Il tempo è un po’ incerto, ci sarà il sole questo è certo”.

È importante saperlo prima, ci vorrebbe l’indovina.
Se c’è il sole il piombo sfrigge e fa la passa, se piove frena, se è ventoso sfuma. È un tormento questo clima, se il dosaggio non è giusto la cartuccia ci scombina.
Ma il cacciatore è coccia non se ne fa ragione prepara il fucile, le cartucce, lo zaino e l’ombrellone.

Suon la sveglia l’indomani all’ora giusta, ci si alza la mattina, una nebbia… e il prato è pien di brina. Si alza dopo la foschia, spunta il sole e la guazza porta via. L’appuntamento è all’alba l’indomani, all’ora stabilita il giorno prima. Arriva Giulio in ritardo e affannato, la scusa pronta “La sveglia non ho sentito o non ha suonato”, “ Lascia perdere” dico io che non ho dormito e sono un po’ assonnato.

Carichiamo sulla macchina i fucili, gli stivali, l’occorrente che ci serve per la caccia, controlliamo poi il tutto, scordarello è il signor Giulio, con la mazza dell’ombrello può sparà, “Porca vacca il fucile non ci sta, tosto tosto torno indietro vado a prendere il fucile”, dice Giulio, “Vai avanti… avvisa loro, i miei fratelli, faccio presto”.

La mattina non sembra poi così tranquilla, c’è il telefono che squilla, “Pronto!” dico io, “Pronto! Sono Diego ch’è successo?”, rido e in breve gli racconto il fatto. Scoppia a ridere anche lui, il commento è sempre lo stesso,”Ma chissà dove ha la testa, e vabbene, da Cornelio io aspetto”.

Nel frattempo arrivo anch’io lo saluto gli dò il buon giorno, “Dov’è Cornelio?” gli domando, “Ho suonato” dice Diego,”Ma invano, non risponde qui nessuno”, “Dagli tempo forse non ha sentito o rispondere non può”.
Ecco che s’apre la porta e Cornelio spunta in fretta con il cane che lo segue,”Il caffè io preparavo, non potevo darti retta”.

Dopo un pò siam tutti al bar come ogni sabato mattino a prendere il caffè o il cappuccino. “Fate in fretta per favore”, dice Diego, “ E’ già giorno, i cani sono stanchi di aspettare loro voglion correre e cacciare”.
Ci si avvia verso la macchina tutti quanti, cacciatori e cani con un’immagine davanti di una caccia prodigiosa, diciamo promettente. Di chilometri ne percorriamo tanti, per i cani che soffrono il caldo d’estate, a volte può essere snervante.

Arrivati nella radura o nel bosco stabilito, comincia il nostro rito, con Diego che mi guarda, ammicca e le mani si strofina, “Ho capito” dico io e comincio con la solita manfrina,”Che freddo, che brina ci vorrebbe un caffè caldo e una grappina”, c’è Cornelio che ride e scuote la testa, “Il caffè con la sambuca ho preparato, la grappa la berremo dopo”.
No beviamo il mio” dice Giulio “finchè è caldo, il mio termos il calore non mantiene, il tuo caffè lo beviamo a colazione”.

Ecco che nel ripetersi di questi momenti qualcosa di nostalgico mi assale, il ricordo dei vecchi amici e dei nostri parenti ora purtroppo assenti. Ci si accorda sulla tattica e sul percorso da seguire, la caccia è un’arte non si può improvvisare e mentre l’adrenalina sale in fretta indossiamo gli anfibi o gli stivali, la cartucciera ai fianchi, la borsa o lo zaino a tracolla e il fucile sulla spalla.

Si dà il via ai cani, incomincia l’azione e nello stesso istante mi sembra di vedere l’ombra di Brick spuntare all’orizzonte con Kira che lo segue, scodinzola e fa l’amante. Il ricordo di quei cani stimola la fantasia della mia mente, nasce Rocki dall’evento che cane! che forza! che portento! Parte Fiamma la più veloce e Rocki il più esperto e tenace e Lara nella sua talentuosa giovinezza segue.

Che magnifici esemplari questi Breton generosi, gioviali, coraggiosi, tenaci nel seguire la traccia lasciata dal selvatico, son mordaci. È arrivato il fatidico momento, partiamo con grinta e slancio, sparisce la tensione, scattano e vibrano le membra ai cani il cui movimento è veloce , leggero e a volte lento, loro seguono la preda quasi ventre a terra, utilizzano l’olfatto e con il cacciatore fanno il patto. Puntano il selvatico e con gli occhi felici ed espressivi indicano la preda al cacciatore e aspettano in silenzio il comando.

Vai!” grida il cacciatore, salta il cane e frulla la beccaccia, spara Giulio e la sbaglia, spara Diego e la padella, Cornelio ha il fucile che non spara, non gli parte il colpo, fa cilecca, Nuccio pronto spara in fretta senza anticipo tre colpi e la beccaccia vola via “C’eran gli alberi…” è la scusa “La cartuccia non andava…”, guardo i cani son delusi, sono stanchi, han la bava.

Lo sbaglio è stato grande si fa sentire la fatica, ma la morale è sempre quella l’importante è la salute, “Zi Nicola come state? Spariam bene, spariam male, siam tutti cacciatori, uno sbaglia, uno padella, uno fa cilecca e l’altro pure… qualche volta ci si azzecca, ma che grandi cacciatori! La mira abbiam perfetta”.
Ma che punta han fatto i cani… e va bene ci riproveremo domani… ma che punta han fatto i cani!


Questo racconto lo dedico a tutti gli antichi parenti e amici scomparsi, agli attuali compagni di ventura e ai veri cacciatori: i nostri cani…

Sebastiano Cavallaro