QUEL MALEDETTO GIORNO A MESAGNE di Riccardo Turi
Nell´autunno del 1961 sono passati quasi 2 anni da quando ho cominciato ad andare a caccia con il fucile Beretta cal.28 ad 1 colpo. Ho 14 anni, compiuti a febbraio, e quindi durante la settimana vado a scuola; per la precisione frequento il 5° ginnasio, sezione D, presso il Liceo Classico “Tito Livio” di Martina Franca.
Da Fasano, dove abito, mi alzo ogni mattina alle 6,30 per prendere il pulman per Martina alle 7,15. A caccia vado il pomeriggio tutte le volte che mio zio ci va e la domenica mattina. Se nella nostra zona non ci sono tordi il raggio d´azione si sposta nel brindisino e nel leccese.
E´ una domenica d´autunno e, con la Alfa Romeo Giulietta TI bianca di zio Franco targata BA 60545, siamo in 5 diretti nella zona di Mesagne.
Con me e zio Franco ci sono Stefano, armiere, e i due fratelli Sante, comandante dei VVUU di Fasano e Vito.
E´ già da un pò di tempo che non vado più attaccato allo zio ma sono abbastanza autonomo, anche se lui mi raccomanda sempre di tenere gli occhi aperti. Come sempre succedeva quando ci allontanavamo dalle nostre zone, di tordi se ne vedevano pochissimi.
Anche quella mattina non fa eccezione ed infatti verso le 9 siamo alla macchina: manca solo Stefano che ancora non si ritira. Io ho appesi al laccio 3 fringuelli ed 1 tordo e sono nella stradina a breve distanza dalla macchina. Il solo zio Franco ha già riposto fucile e cartucce. Improvvisamente arriva una macchina che si ferma proprio vicino a me; ne scendono 2 persone che mi chiedono il porto d´armi e alla mia risposta negativa mi tolgono il fucile e si prendono anche quelle poche prede.
Avevo solo 14 anni e, interrogato, declinai le mie generalità complete. Dopo di che i due si avvicinano alla macchina dove c´erano gli altri tranne Stefano che ancora non arrivava. Solita richiesta di porto d´armi e si scopre che Sante aveva il suo scaduto! Anche a lui sequestro del fucile.
Alla richiesta di porto d´armi zio Franco, che aveva già riposto tutto, risponde a parolacce inviperito con me perchè avevo dato le mie generalità. Naturalmente i due non insistettero più di tanto dato che lo zio non aveva in mano il fucile.
Insomma una giornata di caccia piuttosto insoddisfacente si trasformò in dramma per me e per Sante. E´ chiaro che tutti gli improperi andavano a Stefano, reo con il suo ritardo di aver causato tutto quel pandemonio. So soltanto che si fece il processo a mio carico, al quale presenziò l´avvocato, che si concluse con la non menzione dato che ero minorenne, ma con la confisca dell´arma che non vidi più.
E dopo qualche mese quel pazzo di mio padre mi comprò un Beretta sovrapposto S55 cal.20 che ignoro a chi fu intestato. Aspettai più di un anno, sino al febbraio 1963 quando ottenni la mia prima licenza, cacciando da bracconiere ma non con lo zio.
La disavventura fu presto dimenticata e soltanto quando feci il servizio militare in areonautica e con il mio maresciallo andai a Napoli al Comiliter a preparare il nuovo contingente che potei esaminare la mia scheda personale dove risultava che nel ´61 ero stato trovato con il fucile senza licenza.
Riccardo Turi