B.UMBRA: UN CONFRONTO TRA ESPERTI E CACCIATORI

BASTIA UMBRA – La recente deliberazione delle Nazioni Unite, conferma la volontà di eliminazione del piombo dalle attività umane. Iniziata con le azioni restrittive sui carburanti, sta coinvolgendo da anni il settore venatorio. L’uso sostenibile delle munizioni in piombo nella caccia è un tema molto discusso, che ha visto esperti di tutto il mondo confrontarsi su basi scientifiche. In moltissimi, però, sono certi che si tratti di una battaglia strumentale e ideologica contro la caccia, a prescindere dalla realtà della situazione. 
Se n’è parlato domenica mattina nell’ambito del Caccia Village, con relatori di primo piano quali Massimo Vallini, direttore della rivista Armi e Tiro, Mario Ferrandi, esperto balistico e Piero Torosani, anch’egli esperto di balistica e produttore di armi. Quello che è emerso -così come in molte altre occasioni organizzate in altre città europee- è che il piombo, per quanto controverso, non è un problema se correttamente utilizzato. Non solo dal punto di vista ambientale, ma anche dal punto di vista dell’intossicazione animale e umana.
“In alcuni paesi come la Norvegia -spiega Massimo Vallini, direttore di Armi e Tiro- negli anni scorsi, hanno bandito le munizioni con il piombo, per poi fare, di recente, marcia indietro dal momento che studi specifici hanno dimostrato che la tossicità non proviene dal munizionamento ma da altri fattori. Bisognerebbe -ha concluso- saper valutare le situazioni in maniera obiettiva e non emozionale, tenendo conto della veridicità degli studi scientifici”.
Considerazioni, quelle portate a Caccia Village da Massimo Vallini, basate su dati ufficiali, come lo studio dell’ing. Verdonk, della Arche (Assesting Rick of Chemicals) che lo scorso ottobre ha dimostrato come tra le cause di morte di molte specie cacciate quali la starna, la poiana o il nibbio l’ingestione di piombo rappresenti il 4%. Tra le prime cause di morte non vi è neanche la caccia, ma gli incidenti, la fame e l’ingestione di pesticidi. 
Il piombo delle cartucce -sempre secondo i dati riportati da Vallini- costituisce appena il 2% del consumo di piombo mondiale, considerando anche che il piombo in forma solida attualmente non rientra tra i metalli che l’Europa considera tossici per la salute umana. Per quanto riguarda l’impatto ambientale, studi effettuati in Germania hanno dimostrato che la contaminazione da piombo del terreno è provocata non tanto dai proiettili quanto dagli ioni metallici rilasciati e che altri materiali, considerati alternativi al piombo nelle munizioni, come rame e ottone, hanno la sua stessa tossicità.
L’eliminazione del piombo dalle munizioni non sarebbe risolutiva neanche per quanto riguarda il problema dell’intossicazione umana, dal momento che “il fatto non sussiste” essendo le quantità residue di piombo eventualmente ingerite mangiando selvaggina talmente basse da non portare nessuna contaminazione. Uno studio svizzero sulla concentrazione di piombo nel sangue di consumatori di selvaggina ha mostrato come esse non siano diverse da quelle della popolazione in generale.
Dallo stesso studio emerge che non è la selvaggina la principale fonte di assunzione di piombo, ma i cereali, le bevande non alcoliche, i prodotti lattiero caseari. In compenso ci potrebbero essere -come ha sottolineato Mario Ferrandi- significative ripercussioni sulla sicurezza dei cacciatori, in quanto metalli utilizzati per sostituire il piombo -come l’acciaio- hanno una capacità di rimbalzo ben superiore ad esso, con un verosimile aumento del rischio di ferimento di altri cacciatori.
Inoltre, come hanno spiegato gli esperti presenti a Caccia Village, la lesività delle munizioni in metalli alternativi al piombo è inferiore, con il rischio di provocare sofferenze inutili negli animali colpiti. Da non sottovalutare, infine, neanche i costi elevati che tale messa al bando delle munizioni in piombo comporterebbe sull’intero mondo venatorio, dal momento che il costo delle nuove munizioni finirebbe per essere di gran lunga superiore a quelle attuali a causa delle modifiche alla lavorazione sia delle munizioni che delle armi stesse per cui dovrebbero essere cambiati tecnologia e macchinari. 
Il dibattito resta, dunque, aperto. Ma da parte dei cacciatori c’è la volontà di non accettare passivamente, quanto piuttosto di contrastare con dati concreti e reali, una scelta politica che nasce dall’ostracismo nei confronti dell’attività venatoria. 
Tratto da www.umbriacronaca.it
































