ECOLOGIA? QUESTIONE BIOMASSA, PER ESEMPIO

Pur avendone i titoli per i dieci anni di studi agrari e l’esercizio della professione di Agronomo, intendo affrontare l’argomento in modo veloce ed a volo d’uccello basandomi sulla semplice osservazione, cosa che siamo in grado di fare tutti. 
E non esprimo giudizi sulla efficacia ecologica degli impianti energetici a biomassa, ma sulle criticità che a mio parere, sono rilevabili sugli ambienti dai quali la stessa è prelevata. In questi giorni, (siamo a fine maggio) sto vedendo sparire centinaia di ettari di cereali autunno vernini – nella fattispecie triticale, che poi tra alcuni mesi sarà seguito dai sorghi. 
Sparire significa sparire, dato che la coltivazione realizzata in funzione della biomassa prevede, non la trebbiatura della granella, ma bensì l’utilizzo completo dell’essenza vegetale. Quindi appezzamenti di vasta estensione che prima avevano un importante copertura vegetale, si ritrovano spogli con un taglio, praticamente rasoterra della copertura vegetale. E da qui la considerazione naturale che tutta la biodiversità che si è andata li sviluppando, in particolare insetti e piccoli mammiferi ed uccelli, subisca un impatto notevole al quale difficilmente sarà in grado di opporsi con le sue potenzialità biologiche. 
In particolare piccoli uccelli e mammiferi, ovviamente attirati dalla precedente massa esistente, sono portati a realizzare li gli atti riproduttivi – e gli uccelli terricoli a nidificare – per la abbondate presenza trofica (insetti e vegetali). Poi un giorno di fine maggio (fine maggio periodo criticissimo per la riproduzione tutta la copertura vegetale sparisce repentinamente), cambia il microclima, sfavorendo le popolazioni di insetti, sparisce in toto la copertura vegetale, devastando i piccoli nidiacei, in particolare di galliformi, almeno quelli scampati, all’inesorabile azione delle macchine di raccolta. 
Appezzamenti di ettari ed ettari quasi desertificati in men che non si dica, nascituri dell’anno, sconvolti nelle prime abitudini che avevano appreso, e perciò biodiversità che la natura aveva faticosamente costruito che va a farsi benedire. Queste sono le riflessioni di base, sulle quali è difficile sindacare, e è facile anche capire che all’agricoltore che produce con destinazione biomassa si a difficile chiedere sensibilità superiori a quelle che normalmente è chiamato ad avere. 
Perciò il legislatore, sollecitato magari anche dalle associazioni che hanno per finalità l’ambiente e la conservazione del territorio, dovrebbe porre la propria attenzione sul tema e trovare correttivi, magari pensando a strisce di tali appezzamenti da lasciare in piedi magari con incentivi su sgravi fiscali o altro. 
Qui non è compito più mio ma di altri, io per sensibilità ho sollevato sulla base dell’osservazione quello che ritengo un serio problema di interconnessione tra agricoltura e biodiversità. 
Riccardo Ceccarelli
































