Brik era un segugio rossiccio di piccola taglia, vissuto dodici anni al mio fianco e nato da una cucciolata di nove in quel di Beinette in provincia di Cuneo. Iniziato alla lepre da piccolo si è trasformato col tempo in uno dei più bravi ed agguerriti cani da cinghiale, era completo non gli mancava nulla. Seguiva la traccia in maniera stupenda, abbaiava al fermo per ore tenendosi sempre a debita distanza dal selvatico, era ubbidiente e molto volenteroso.
Occorre però dire che cacciava bene solo con me e con nessun altro. Non riesco a tenere a mente i cinghiali che mi ha fatto abbattere al fermo. Tutti i vecchi cacciatori di Langa hanno conosciuto o sentito parlare di Brik e delle sue gesta. Pensare che la squadra cinghialai della mia zona si è formata proprio con Brik.
Era un cane a cui mancava solo la parola anche se più volte addirittura sembrava cambiasse voce come per indurmi a seguirlo. Unico rimpianto e che non sono riuscito ad avere un seguito di valide cucciolate. Brik , per il vissuto, resterà, per me, sempre il numero uno .
Brik
Castel del Monte
Verso la fine degli anni ’60, nel continuo girovagare alla ricerca di posti migliori, avevamo individuato la zona attornoi a Castel del Monte (il famoso castello di Federico II) come idonea per la nostra caccia, pur se distante da Fasano oltre 80 Km. Oggi tutta il territorio attorno al castello è vietato alla caccia ormai da molti anni. Proprio il castello, che svetta su una collina, era circondato da quasi tutti i lati da una pineta i cui alberi non erano più alti di 2 metri.
Tuttavia, essendo l’unica pineta in un raggio di diversi chilometri, era il luogo di ricovero notturno di tutti i tordi della zona e, cosa per noi molto importante, era piena (in senso lato) di beccacce. I tordi però si ritiravano tutti nell’ultima mezz’ora prima del buio, mentre prima passavano solo fringuelli. Dunque un pomeriggio con Bebè,zio Franco ed altri partiamo comodamente da Fasano ed arriviamo sul posto alle 15,45. Vediamo 2 macchine targate Firenze, sicuramente di cacciatori, ma i nostri posti a ridosso della pineta erano liberi.
Gli altri cacciatori si erano appostati più giù e sparavano in continuazione evidentemente ai fringuelli. Ad un certo punto uno mi passa vicino trafelato diretto alla macchina. Quando vede che io non sparo mi chiede il perchè. Gli rispondo che noi non sprechiamo cartucce ai fringuelli e se ne va alquanto stupito a prendere altre cartrucce dalla macchina perchè le aveva finite. Puntualmente verso le 16,15 il primo tordo e poi sempre più numerosi.
L’ultimo quarto d’ora era un continuo arrivare di tordi e, se si era lesti a sparare ed a reccoglierli, se ne potevano fare anche una trentina. Non ricordo i carnieri, ma furono soddisfacenti. Finito l’arrivo dei tordi, ci appostiamo con la faccia rivolta alla pineta in attesa della beccaccia. Mi ero messo in un angolo che avevo già individuato in porecedenza quando, esattamente alle 5 meno 5 dall’angolo mi escono 3 beccacce insieme. Ricordo benissimo che fecero uno strano verso. Miro con calma la prima con il mio Breda a 5 colpi e, proprio quando sto per premere il grilletto quella ha un leggero scarto in giù. Padella al primo colpo, padella al secondo, la fulmino con il terzo e con gli altri due colpi cerco di sparare anche le altre che ormai erano nel buio.
Questo volere troppo non mi fece vedere bene il punto dove era caduta la beccaccia. Ricerca inutile per mezz’ora (nessuno aveva una lampadina tascabile), ed alla fine nel buio totale ce ne torniamo a casa. Il mattino dopo, da solo, ebbi il coraggio di tornarelà con la mia 500 soltanto per ritrovare la beccaccia, che infatti trovai proprio al pulito. La brina della notte l’aveva conservata come in un frigorifero. Che pazzia, fare 160 Km. soltanto per ritrovare una preda. Ma la beccaccia era una preda troppo importante e tutto si doveva tentare per lei.
Riccardo Turi
BOCCIATURA DELL´EMENDAMENTO ALL´ART.18 DELLA LEGGE 157/92
Bocciato oggi l´emendamento del Governo all´art. 18 della legge 157/92, concernente la modifica di assolvimento di alcuni obblighi comunitari, in particolare relativi alla tutela di determinate specie selvatiche.
La mia caccia preferita
Chi come me vive in Puglia, non può non dedicarsi alla caccia ai tordi. Le immense distese di uliveti e le colline coperte di macchie sono l’habitat ideale di questo volatile. Quando ero giovane e sparavo con il cal.20 (1963- 1964), quando sbagliavo un colpo davo la colpa al fucile che non era cal.12. Ed infatti nell’ottobre 1964 acquistai (anzi mio padre mi comprò!) un sovrapposto Beretta S56E cal.12, con bindella ventilata ed estrattori automatici.
Magnifico fucile che durò soltanto un paio di mesi perché una sera a Martina Franca, al rientro alle cesene, improvvisamente mi uscì una bomba. Il fucile non scoppiò, però non si apriva più. Quando mi ripresi dall’intontimento fui costretto ad usare una pietra per aprirlo; ma una volta aperto non si chiudeva più ed era inutilizzabile. Allora mio padre mi comprò, da un armiere di Fasano, una doppietta Giuseppe Gitti. Dopo un centinaio di colpi sparati, le chiusure traballavano. Portato ad aggiustare, dopo poco punto e a capo.
Per questo motivo il fucile fu soprannominato dagli amici “il tizzone”. Naturalmente non potevo chiedere a mio padre un altro fucile ed allora zio Franco mi prestò la sua doppietta Saint Etienne che ho usato fino al 1968 quando ho acquistato il mio primo Breda. Oggi, alla vecchiaia, sono tornato all’antico. Infatti nel 2001 il mio amico Giammario ed io abbiamo acquistato due semiautomatici Benelli Principe calibro 20, con i quali abbiamo riassaporato il sapore vero della caccia.
Quando qualche volta prendo il 12 per andare ad anatre, mi sembra di prendere un cannone. Certo rispetto alle 6/7000 cartucce che sparavo una volta, le 4/500 che sparo oggi hanno notevolmente peggiorato il mio rendimento. Tuttavia devo dire che il piacere è rimasto invariato e la caccia mi accompagnerà penso fino a che avrò la forza di praticarla.
Riccardo Turi
NASCE FACE MED
Nell’ambito della FACE (Federazione delle Associazioni Venatorie e per la Conservazione della Fauna Selvatica dell’U.E.), come avevano già operato Islanda, Irlanda, Danimarca, Norvegia e Svezia riunendosi nella Nordic Hunters’Coordination, è stato formato un gruppo permanente di cacciatori mediterranei costituito dai rappresentanti degli Stati del Sud Europa e denominato FACE Med.
Questo nuovo organismo nasce dall’esigenza di affrontare in maniera specifica le problematiche legate al mondo venatorio nell’area mediterranea, pur operando comunque in ambito FACE. I Paesi aderenti all’organizzazione sono Italia, Cipro, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia e Malta e la sede operativa si avrà presso l’AECT, l’Associazione Europea delle Cacce Tradizionali nata nel ’95 e aderente alla stessa Federazione dei Cacciatori dell’UE.
La FACE Med, che si riunirà ordinariamente due volte l’anno e straordinariamente quando necessario, nasce in merito a necessità più globali, e sentite da tempo da parte della Federazione di Bruxelles, di arrivare in maniera capillare ad affrontare le problematiche delle specifiche grandi aree venatorie europee. Così come per la sede operativa, anche il Segretariato della Face MED coinciderà con quello dell’AECT, vista la compresenza della maggior parte di rappresentanti di ambedue le organizzazioni. E, come per l’AECT, la funzione operativa sarà svolta dall’IMPCF (Istituo Mediterraneo Patrimonio Cinegetico Faunistico).
Alla prima riunione della FACE Med, svoltasi gli scorsi 17 e 18 Maggio, per FACE Italia erano presenti l’avv. Bana, Vice Presidente FACE, il Dr. Sparsoli, Presidente ANLC, l’avv. Fanton per la Fidc e il DR. Marracci per l’ANUU.
I temi affrontati al nuovo tavolo di lavoro sono stati molteplici e di grande rilevanza: la raccolta dati in relazione al progetto Artemis, molto interessante per i Paesi Europei Meridionali, la ricerca scientifica sugli uccelli migratori, la Carta Europea della Caccia e della Biodiversità del Consiglio d’Europa, le sentenze della Corte di Giustizia inerenti la Guida Interpretativa della Direttiva Uccelli, approvata dal Marzo 2004, la massima informazione e comunicazione tra le delegazioni e la Commissione UE, i rapporti con l’Intergruppo del Parlamento Europeo “Caccia Sostenibile, Biodiversità & Attività Rurali”, i rapporti con i Paesi Africani e del Bacino del Mediterraneo. La prossima riunione della FACE Med si terrà nel mese di Luglio.
Beghelli
Uno dei compagni di caccia “storici”è Armando, amico dei primi tempi e compagno dell’avventura ad Aliano del 1963. Pur venendo più o meno regolarmente a caccia con noi, non ho mai saputo se avesse la licenza di caccia. Il suo fucile era un sovrapposto marca “Beghelli”, una marca mai sentita. Allora zio Franco, famoso per le sue battute, non appena viene a conoscenza del nome di questo fucile, comincia a canzonare Armando: “Mò, famm vedè u Beghell!” (fammi vedere il Beghelli).
Appena Armando glielo mostrava lui diceva: “Ah! u Beghellè bell” (il Beghelliè bello). Da allora, tutte le volte che vedeve Armando zio Franco gli gridava: “U Beghellè semp bell!”( il Beghelliè sempre bello), parafrasando un detto di un venditore di limoni fasanese che girava per il paese con una cesta di limoni sulla testa e gridava ” U lemonè semp bon”. Questa storia e questo dettoè durato sino a che Armando è venuto a caccia con noi (1974, anno in cui mi sono sposato).
Cambiato compagno di caccia (Giammario)è rimasta forte in me la parola Beghelli cheè stata trasferita al nuovo compagno, in verità abbastanza imbranato a sparare nei primi anni di sodalizio. Un pò per l’abitudine ed un pò perchè anch’io come zio Franco sono portato alle battute ed alle canzonature (infatti Giammario lo chiamo Ugovito!) quando vado a prenderlo la mattina sotto casa sua, appena imbocco la strada apro il finestrino e,sporgendomi con la testa, grido forte: “U Beghellè semp bell”.
Lui ormaiè abituato anche perchè questa storia dura dal 1978. La cacciaè fatta anche di queste piccole cose.
Riccardo Turi
Geco Express
Aprile 1968, Fasano di Puglia. E´ abitudine invalsa di cominciare le uscite a caccia alle tortore di passo il 15 aprile e di continuare ininterrottamente sino al 10 maggio. Non bisogna saltare neanche una giornata, altrimenti proprio quel giorno passano le tortore. E´ una di quelle mattinate favorevoli, sole e leggero vento di maestrale. C´è un passo non intenso ma discreto, però gli stuoli si mantengono tutti ad altezze proibitive e le fucilate sono inutili.
Zio Franco è al mia fianco ad una quarantina di metri quando uno stuolo gli passa proprio in testa a quasi 50 metri d´altezza. Istintivamente alza il fucile (semiautomatico Breda) e scarica 3 colpi. Scende una tortora stracciata al secondo. Affannosa ricerca della cartuccia sparata: Geco express n.7. L´Armeria Patruno di Bari viene saccheggiata dallo zio di tutte le cartucce Geco esistenti, delle quali una buona parte mi viene regalata. Magnifiche cartucce tedesche caricate con la polvere Rottweil e con bossolo Geco (Gustav Genshow) delle quali cercammo inutilmente di imitare la carica.
Devo dire però che quando le tortore erano ben vicine, si facevano delle padelle clamorose. Tutto sommato, la mia vecchia Cordite 2X30 caricata con il n.8 faceva bene il suo dovere e mi consentiva di fare la mia bella figura, io proletario con le cartucce ricaricate nei confronti dello zio e degli altri tutti con le cartucce originali. Devo solo aggiungere, per confutare la tesi di coloro che vollero la chiusura a questa caccia, che rispetto ai minimi carnieri che si facevano (il mio massimo è stato di 12 tortore), migliaia e migliaia di tortore passavano tutte fuori tiro.
Oggi quasi tutti i paesi del bacino del Mediterraneo sparano alle tortore anche a maggio, ad esclusione dell´Italia sempre penalizzata da un ottuso ambientalismo anticaccia. Ma noi speriamo sempre che, in un domani non troppo lontano, anche questa caccia (magari per decadi) possa tornare per la gioia di tutti.
Riccardo Turi
NUVOLE MINACCIOSE SULLA 157
Tre senatori del Partito Democratico minano le basi della legge nazionale sulla caccia presentando un ddl che vuole l´abrogazione dell´art. 842 del C.C.
Il Presidente Nazionale della Federazione Italiana della Caccia Avv. Franco Timo, stigmatizza la fondamentale differenza tra questo atto e le promesse pre elettorali del Leader del PD Walter Veltroni.
Per ulteriori informazioni e per il testo commento del Presidente FIDC Clicca sul logo dell´associazione.
Una Task Force per i richiami vivi
Il 20 maggio 2008, si è riunita la Task Force convocata dal Ministero della Salute per valutare il documento predisposto dal Gruppo di lavoro che contiene le norme generali di applicazione della deroga per l´uso dei richiami vivi nell´attività venatoria, come previsto dalla Decisione 2006/574/CE del 18 agosto 2006.
Si è finalmente giunti ad un punto di svolta determinante: si attuerà una concertazione del documento che regolamenterà l´uso dei richiami vivi in base alle norme di biosicurezza previste dalla deroga UE.
Questo evento fortemente auspicato da ACMA tutti i cacciatori dei migratori acquatici.
Per ulteriori informazioni si può consultare il sito dell´ACMA cliccando sul logo dell´associazione.
Sara Ceccarelli
COME MIGLIORARE I PROPRI ANNUNCI E LA GALLERY FOTOGRAFICA
A poco più di un mese dalla pubblicazione del sito l’area degli annunci e della fotogallery ha iniziato ad essere fruita con regolarità da tutti gli affezionati amici che sin da subito ci hanno voluto accompagnare in questa nostra avventura.
Questo primo mese è stato caratterizzato da un lato da un intensa attività commerciale rivolta alle aziende al fine di poterVi mettere sempre più a disposizione nel sito loro prodotti ed i loro servizi. Tale attività darà i suoi frutti nei prossimi mesi quando il sito si popolerà con contenuti di molte aziende che hanno scelto i nostri servizi.
Dall’altro lato, tanti piccoli aggiustamenti, ancora in essere, hanno portato a migliorare le funzioni e gli automatismi del sito. Come avete fatto sin da subito, Vi invitiamo a continuare nella segnalazione di anomalie, stranezze e malfunzionamenti.
Abbiamo volutamente superato i limiti dell’altro nostro sito www.ladoppietta.it, cercando di fornirVi strumenti più veloci di pubblicazione che a volte per alcuni utenti possono rimanere difficili. Perciò riteniamo di dover fornire alcune ulteriori spiegazioni al fine di consentirVi di fruire al meglio dei servizi.
Annunci e fotogallery
Sia per i primi che per i secondi gli utenti possono provvedere ad inserire testo ed immagini in completa autonomia. L’inserimento non prevede una pubblicazione immediata ma subordinata ad un controllo finale da parte di un operatore di CacciaInFiera che si concretizza entro le 12-18 ore dall’inserimento.
Tale controllo preliminare è necessario al fine di evitare che frasi irriguardose o foto non in linea con la filosofia del sito possano essere pubblicate senza un controllo finale.
Annunci
La rubrica sta prendendo corpo secondo le previsioni con un numero sempre maggiore di utenti che la utilizzano. Ci preme fornire alcuni consigli metodologici al fine di consentire la massima possibilità di successo delle Vostre inserzioni.
Esistono 4 categorie per gli annunci: armi, cani da caccia, accessori, altro. Ognuna di esser presenta specifiche caratteristiche.
Armi – Compilazione utente
1.1 – la prima scelta di compilazione si effettua sulla categoria dell’arma (avancarica canna liscia, avancarica canna rigata, carabina altri sistemi, carabina bolt action, carabina lever action, carabina semiautomatica, express, fucile a pompa, fucile doppietta, fucile monocolo, fucile semiautomatico, fucile sovrapposto, kippflau e nei prossimi giorni anche pistola, revolver, carabina aria compressa, pistola aria compressa).
1.2 – la seconda scelta si effettua su calibro per adesso attivato sui soli fucili a canna liscia (12, 16, 20, 24, 28, 23, 26, .410). Tra alcuni giorni il sito conterrà su questa scelta i calibri delle armi da fuoco a canna rigata, di pistole e revolver ed armi ad aria compressa).
1.3 – vostra email – vi invitiamo ad non dimenticarsi mai di inserirla poiché è l’elemento che permette al software del sito di attivare in automatico il comando contatta che è poi la cosa che Vi interessa di più.
1.4.- la terza scelta si realizza sul tipo di annuncio che è di vendita prodotto (vendo) o ricerca prodotto (compro).
1.5 – la quarta scelta sullo stato dell’oggetto se nuovo o usato (relativamente a questo punto nei giorni scorsi ci sono giunte segnalazioni di errori tra quanto definito in fase di realizzazione dell’annuncio e quanto poi visibile sul sito. Riteniamo di aver sanato il problema ma se ricorresse Vi invitiamo a segnalarcelo).
1.6 – Marca: indicando la marca del prodotto in offerta.
1.7 – Testo dell’annuncio – scrivendo il testo dell’annuncio secondo il Vs. desiderio.
1.8 – immagine dell’oggetto. Al fine di permettere al software del sito di gestire con facilità le immagini da inserite nell’annuncio si consiglia vivamente di ridurle affinché il lato orizzontale non superi 350 pixel.
I suggerimenti esposti servono a migliorare la ricerca dei navigatori. Tengo a precisare che tra breve la sezione Armi degli annunci sarà utilizzata anche da operatori di armerie che sicuramente, per mestiere, saranno molto precisi nella definizione delle caratteristiche dell’arma. Non siate da meno e avrete le stesse chances per riuscire nella specifica sezione.
Cani da caccia – Compilazione utente
1.1 – si inizia con la scelta della categoria definendo la razza del cane in annuncio.
1.2 – vostra email – vi invitiamo ad non dimenticarsi mai di inserirla poiché è l’elemento che permette al software del sito di attivare in automatico il comando contatta che è poi la cosa che Vi interessa di più.
1.3.- la terza scelta si realizza sul tipo di annuncio che è di vendita del cane (vendo) o ricerca del cane (compro).
1.4 – scrivendo il testo dell’annuncio secondo il Vs. desiderio.
1.4 – immagine dell’oggetto. Al fine di permettere al software del sito di gestire con facilità le immagini da inserite nell’annuncio si consiglia vivamente di ridurle affinché il lato orizzontale non superi 350 pixel.
Anche in questo caso i suggerimenti vogliono migliorare le Vs. potenzialità visto che gli annunci sono utilizzati anche da allevatori professionali di cani.
Accessori ed altro – Compilazione utente
Questa tipologia di annuncio non presenta particolari difficoltà non essendo organizzata in specifiche categorie (tipo di arma, calibro, razza di cani).
Si ribadisce che automaticamente il software rimuove gli annunci dopo 60 giorni dalla loro pubblicazione. Gli stessi possono comunque essere rimossi da voi in qualsiasi momento in caso di vendita o acquisto dell’oggetto o del cane.
Fotogallery – Compilazione utente
La fotogallery ha la finalità di essere al servizio della passione di cacciatori e tiratori. La funzionalità è semplice e si concretizza nell’inserimento della foto e del testo relativo.
Nel caso dell’inserimento dell’immagine abbiamo notato problemi con l’inserimento di alcune immagini troppo grandi (e macchine fotografiche digitali hanno elevate prestazioni) che il software del sito non riesce a gestire.
Per cui forniamo utili suggerimenti al fine di migliore il funzionamento della fotogallery.
1.1- Foto verticali – in questo caso le foto debbono essere preventivamente (prima dell’inserimento) dimensionate con il lato orizzontale di 600 pixel
1.2– Foto orizzontali – in questo caso le foto debbono essere preventivamente (prima dell’inserimento) dimensionate con il lato orizzontale di 800 pixel
Vi invitiamo pertanto a verificare prima ancora di inserirle le dimensioni delle foto in vostro possesso ed eventualmente portarle alle dimensioni suggerite.
La redazione del sito ci tiene a ribadire che non saranno pubblicate foto con scene particolarmente crude e tutte le immagini che ritraggono in maniera identificabile minori per evitare di incorrere nelle sanzioni previste dalla vigente normativa sulla loro tutela.
Vi invitiamo pertanto se in possesso di questo genere di foto di non inserirle, anche per non deludere le aspettative di pubblicazione di bambini ed adolescenti.
Clicca qui per scaricare il file di installazione del programma Photofiltre
Clicca qui per scaricare il minimanuale di istruzione al ritocco fotografico
Riccardo Ceccarelli
CACCIARE IN … MONTENEGRO
Il Montenegro, il più “giovane” Stato d’Europa, indipendente dal 3 giugno 2006, si apre al turismo internazionale, offrendo un ambiente naturale pressoché integro, unito ad una grande ricchezza storica e culturale, retaggio di una civiltà millenaria.
Vero e proprio “giardino” nel cuore dei Balcani, situato nell’Adriatico meridionale, il Montenegro è un Paese territorialmente piccolo, dove la distanza tra i due punti estremi è di poco meno di 200 km. Nonostante il suo territorio limitato, esso offre, in realtà, alcune perle ecologiche di tale valore da fargli meritare, il 20 settembre 1991, il riconoscimento di Primo Stato Ecologico del Mondo e ultima oasi ecologica d’Europa.
L’ Attività Venatoria in Montenegro si prolunga dal 15 agosto fino al 15 marzo: lasso i tempo ritenuto migliore per la caccia alla selvaggina migratoria.
I periodi specifici per la caccia alle singole specie sono:
– anatra: dal 15.08 al 15.03
– tortora: dal 15.08 al 30.09
– fagiano: dal 01.10 al 31.01
– quaglia: dal 15.08 al 31.12.
– beccaccia: dal 01.10 al 28.02.
– capriolo: dal 01.05 al 30.09
– coturnici: dal 01.10 al 30.11.
– cedrone: dal 15.04 al 15.05
– lepre: dal 01.10 al 31.12.
– cinghiale: dal 01.10 al 20.02.
– lupo: dal 01.10 al 01.03.
– tordo: dal 01.08 al 28.02
Per quanto riguarda le località in cui è possibile cacciare, la scelta è ampia e diverse le specie di selvaggina proposte:
Bar: beccaccia, beccaccini, tordi, quaglie, tortore. Podgorica (distanza da Bar 40km): volpe, lepre, lupi e cinghiali.
Danilovgrad (distanza da Bar 55km): fagiano, colombacci, volpe, lepre, lupo
Nikšić (distanza da Bar 105km): coturnici, colombacci, cinghiale, volpe, lepre, lupo.
Ulcinj (distanza da Bar 25 km): anatre, marzaiole, quaglie, coturnici, cinghiale, volpe, lepri
Kolašin (distanza da Bar 110km): capriolo, lupo, orso, lepre, cinghiale
Žabljak (distanza da Bar 130km): capriolo, lupo, orso, lepre, cinghiale, grande cedrone .
Relativamente alla Legislazione Venatoria, in Montenegro è in corso l’approvazione di una nuova legge per la caccia che prevede condizioni favorevoli e sicure per tutti i cacciatori che scelgono questo Paese per un’attività venatoria, nel pieno rispetto della legalità. Essa, infatti, autorizza l’esportazione in Italia della selvaggina abbattuta previo ottenimento di un permesso dal Ministero Montenegrino. Il permesso viene direttamente richiesto dalle Agenzie autorizzate del Paese.
I cani che accompagnano i cacciatori dall’Italia al Montenegro devono essere forniti di:
– Certificato veterinario
– Libretto sanitario
– Passaporto.
I documenti necessari al cacciatore che si reca per l’attività venatoria in Montenegro sono:
– Passaporto oppure carta d’identità valida per l’espatrio
– Licenza di caccia italiana
– Denuncia dell’arma da esportare (il cacciatore dovrà richiedere personalmente presso la propria questura il permesso di esportazione dell’arma)
Altre informazioni utili…
– Per l’organizzazione del viaggio, è consigliabile rivolgersi ad un Agenzia Venatoria che permetta, anche, di rimandare la partenza nel caso in cui la caccia sia resa impraticabile da un contingente maltempo o per motivi personali riferiti dal cacciatore. Un’Agenzia Venatoria che lavora seriamente è tenuta, inoltre, ad aggiornare i propri clienti prenotati in relazione al “passo” effettivo ed attuale che si ha nel Paese di destinazione per la caccia, al fine di evitare viaggi venatori inconcludenti, con inutili perdite di denaro.
– Per le donne cacciatrici è interessante ricordare che alcune agenzie quotate appoggiano con entusiasmo il “Progetto Diana”, finalizzato ad incrementare e facilitare l’ingresso del gentil sesso nel mondo venatorio. Per questo offrono alle titolari di licenza di caccia delle promozioni vantaggiose per cacciare in Montenegro.
Ricordiamo inoltre che Montenegro significa molto di più che un luogo ideale per la caccia a numerose specie di selvatici, esso offre infatti la possibilità di effettuare molte altre attività, sempre a stretto contatto della natura, in luoghi protetti ed incontaminati.
Uno di questi è il Lago di Scutari, Skadarsko jezero (distante da Bar 22km), il più grande d’Europa. Il confine statale lo divide in due – la parte più grande (222 kmq) appartiene al Montenegro, mentre la parte più piccola appartiene al territorio albanese.
La vita qui è ricca e diversificata. E’ ricca la vita nell’acqua, con ben 22 specie di pesci, è ricca la vita sull’acqua, con ben 279 specie di uccelli che popolano le rive e la terraferma.
Nel lago di Scutari vi sono, inoltre, una cinquantina di isole, alcune delle quali famose per gli antichi e importanti monumenti culturali che ospitano. E’ assolutamente importante sapere che questo paradiso è parco nazionale, per cui, in esso, è assolutamente vietata la caccia. Non fidarsi di accompagnatori improvvisati!
Altra meraviglia montenegrina è il Canyon Tara, scavato dal fiume di cui porta il nome; questo fiume, chiamato “lacrima d’Europa”, con la sua acqua trasparente, pulita, potabile, è il più bello e il più lungo tra i fiumi montenegrini. Dopo un corso lungo 141 km, nel campo di Scepan, il Tara insieme al Piva crea il fiume Drina. Grazie a rocce alte fino a ben 1300 mt, il Canyon Tara rappresenta il canyon più profondo nell’Europa.
Siccome il corso di questo fiume è serpeggiante, rapido e turbolento, è ottimo per essere navigato in zattera o per effettuare rafting. Il territorio in alcuni punti è coperto da foreste vergini, con altissimi alberi di conifere, risultando una delle rarissime oasi dalla natura intatta. Il Canyon di Tara, dal1977 è patrimonio mondiale dell’UNESCO, come biosfera unica al mondo, ospitando ben 52 specie vegetali e 314 specie animali diverse.
Danijela Djurdjevic,Coordinatore Agenzia Viaggi Venatori “Caccia in Montenegro“
Il mio ponte
Novembre, domenica mattina, piove, piove a dirotto, il piazzale della chiesa di fronte casa si mostra al mio sguardo come piazza San Marco con l’acqua alta. Mia moglie, dal letto affettuosamente farfuglia: -dove vai con questo tempaccio, è tutta la notte che piove-! Ma non dorme mai, penso, come sordo, calzo ugualmente gli stivali e trascinando per il guinzaglio il fidato compagno via, a caccia, come sempre.
Non ancora albeggia, accompagnata dal sottofondo di una canzone di Fabio Concato che parla di fritti e insalate, l’auto già scorre silenziosa sul nastro d’asfalto per condurmi nell’elemento che più mi soddisfa, il bosco. Oggi si va verso Matera, è lì che cercherò con il mio complice a quattro zampe la regina, ovvero, sua maestà la Beccaccia. Intanto, dopo quasi un’ora di viaggio continua incessantemente a piovere, così rinuncio alla solita sosta per il caffè’ e, in meno che non si dica, eccomi a poche curve dall’imbocco del ponte sul Bradano.
L’approccio è più lento e dolce del solito, sarà per effetto della pioggia o per la totale assenza di traffico che avverto, come d’un tratto, un’atmosfera surreale quasi magica. Eppure sono anni che passo su questo ponte. E’ la strada più breve e, in autunno tutte le domeniche, all’alba, sono qui puntuale in compagnia del mio setter che, ogni volta al sobbalzare dell’auto sui cordoli, percepisce quanto la nostra meta sia ormai vicina. Drizza le orecchie si alza e uggiola contenta, sa che dopo qualche minuto potrà scorazzare nel sottobosco, galoppando attenta fra felci e roverelle, sempre con il naso proteso alla ricerca di quell’usta inebriante, felice di dare sfogo alla passione che ci accomuna.
L’acqua adesso viene giù a secchi e così, ad un tratto, decido di svoltare per la strada sterrata che mi porta giù, al riparo delle arcate, così aspetterò che spiova, chissà! I vetri dell’auto sono completamente appannati, l’orologio segna già le sette ed il cane dorme beato. Parcheggiata l’auto al sicuro, incuriosito guardo il ponte da una prospettiva inusuale, è un ponte Bailey, questo già lo sapevo ma, ammirandolo da qui, dal basso sembra strettissimo, sproporzionato certamente fra carreggiata e pilastri.
Era stato messo su in tutta fretta dal Genio, per sopperire ad un cedimento di quello che in origine, scavalcando il fiume Bradano, permetteva al viandante di raggiungere i paesi sul versante opposto, risparmiando loro la fatica delle numerose curve e dei fastidiosissimi saliscendi fra i calanchi argillosi di questa parte della Lucania. Così con quell’immagine in bianco e nero davanti gli occhi e con il rumore dell’acqua che rincorre la mia fantasia quasi naturalmente incomincio a pensare: ne avrà viste di cose, durante la sua vita, questo vecchio ponte, chissà quante storie potrebbe raccontarci!
Oggi è oltraggiato da una struttura di acciaio che lo ingabbia, gli dà si sicurezza come una protesi ma forse è ingiuriosa per chi, invece, avrebbe voluto per sempre, a tutti i costi, mantenere la propria dignità. Nella zona, un tempo, era conosciuto e rispettato da tutti quel vecchio ponte. Era importante e tale si sentiva soprattutto quando, in inverno con le sue campate amplificava il già assordante fragore dell’acqua contro gli imponenti e rassicuranti pilastri, mostrando cosi tutta la sua forza e resistenza. Si vedeva lontano un miglio che non era certo stato costruito per essere bello e appariscente come quei ponti romani che, di color mattone, sono come tanti legionari schierati e avvolti nel loro mantello di porpora, fuori dal tempo, boriosi e sprezzanti.
Lui no, non era un ponte blasonato, un ponte con il sangue blu per intenderci: non aveva certo conosciuto gli onori di Annibale, né aveva potuto ospitare il passaggio dei suoi elefanti e delle sue guarnigioni come, invece, quel suo cugino, quello sull’Ofanto, a Canosa. Non era stato testimone di grandi eventi storici, il nostro era solo un utile ponte ideato e costruito con una un’architettonica vocata solo ad arrivare dall’altra parte del guado. I segni delle piene negli anni, però, lo marcavano indelebilmente a varie altezze, e lui portava quei segni come tante medaglie conquistate in battaglia esibite semmai su una divisa un po’ sdrucita.
Anche se grigiastro e un po’ tarchiatello, mostrava sempre tutta la sua fierezza, sembrava fosse lì impettito a dire: -tranquilli ci sono qua io, cosa volete che possa succedere…-. Ne aveva fatto di bene negli anni, soprattutto a quella gente che umile ma fiera come lui, tutti i giorni dell’anno per lavorare doveva raggiungere i campi, proprio quei campi spesso avari se non addirittura ostili. Lo onoravano i contadini, cavalcandolo al fianco del compagno di sempre fosse esso asino o mulo, lo onoravano durante tutte le stagioni, in inverno quando garantiva il guado nonostante la piena ma anche in estate quando offriva ombra e permetteva di far abbeverare tranquillamente le bestie, tutti figli di una terra assetata da sempre e non solo di acqua.
Si avvalevano dei suoi servigi i nobili marchesi del luogo che, a bordo di veloci calesse, facevano trasportare le loro aristocratiche figure oltre il fiume. Agli occhi attenti, quelli di chi conosce i drammi di questa terra, il ponte mostra oggi più di sempre il suo antico selciato rigato dalle lacrime dell’abbandono che urlano sommessamente dolore per dover lasciare quel poco che è sempre stato tutto, emigrare oltre oceano con la speranza di conquistare, forse un giorno, la dignità qui negata. Giunsero, come non bastasse già il resto, gli anni della guerra e il nostro amico dovette sopportare non poco: il peso delle milizie, dei carri che sputavano fuoco e morte ma il peso insopportabile fu il dolore, il dolore soprattutto di quelle donne che troppo presto avevano dovuto racchiudere la loro vita nell’abito del lutto di sempre.
Il tributo pagato alla follia della guerra è sempre altissimo, nulla era in quei giorni il fragore della piena distruttrice al confronto con la voce senza tono dei bollettini di guerra che narravano tante false verità e tante vere bugie inframmezzate, come in una cantilena, all’elenco dei figli e dei padri che non avrebbero più fatto ritorno. Finalmente il boom economico, ecco il passaggio delle prime lambrette, delle auto dal motore troppe volte balbuziente e delle corriere che, strombazzanti e colme di passeggeri, lo attraversavano spedite per poi arrancare nella polvere alla prima salita e costringere sistematicamente qualcuno a scendere per il troppo peso.
Tutti i pescatori della zona conoscevano benissimo quale fosse il punto migliore per insidiare cavedani e anguille e lui, benevolo ed ammiccante come sempre concedeva ombra o riparo secondo la stagione. Fu spesso prescelto come meta per le prime timide uscite fuori porta o per la Pasquetta e che dire, poi, delle gite scolastiche con l’immancabile partita di calcio improvvisata sulla sua carreggiata. Era stato anche complice galante, con i ciclamini che spontanei crescevano alla sua ombrai, dei primi baci scambiati tra quegli adolescenti impavidi che lo raggiungevano felici in bicicletta.
Anche alcuni importanti trofei ciclistici lo avevano visto protagonista ma pian piano ecco arrivare i primi acciacchi, un cornicione sbilenco, qualche piccola crepa che non facevano presagire nulla di buono. Finché, come un vecchio, ormai stanco e con le spalle ricurve ha dovuto subire quell’onta oltraggiosa; un cartello dal fondo giallo recitava in modo insolente una scritta nera, luttuosa, visibile da grande distanza: ponte chiuso al traffico per pericolo di crollo, era la fine! Di tempo ne è passato un po’ ma, grazie all’intervento del Genio, mestamente è tornato ad essere percorribile, prima in un solo senso di marcia poi, pian piano in ambo i sensi, anche se con qualche sobbalzo per chi lo percorre.
Si transita con cautela, come a non volerlo affaticare a non fargli del male. Anche il fiume sembra aver compreso il difficile momento e, complici i mutamenti meteorologici, oggi pone maggior accortezza nei suoi riguardi: non si presenta più con quel tono di sfida quasi minaccioso, con la voce grossa di un tempo, i pilastri ora addirittura, sembra lambirli quasi li accarezza come a volerlo consolare. Ha capito il fiume, che le loro vite sono legate indissolubilmente ed in fin dei conti sono andati sempre d’accordo in tutti questi anni, si son fatti compagnia ascoltando la colonna sonora dell’acqua. Chi sopra, chi sotto, hanno vissuto entrambi da protagonisti e testimoni della vita di questa gente e di questa terra.
E’ il fiume, l’elemento che ci permette di mettere a fuoco le vicende economiche e sociali dei luoghi che attraversa, ne conosce, conserva e racconta la loro storia. Oltre che ricchezza idrica, oggi sempre più preziosa, rappresenta un’importante via di comunicazione portatrice di scambi di ogni tipo soprattutto culturali e, per chi vuol leggere tra le sue anse i messaggi che trasporta verso valle, è certamente una fonte inesauribile. Il ponte, invece ha il compito di essere il suo attento guardiano e, al tempo stesso, il suo menestrello che fa diventare musica il rumore dell’acqua che gli scorre perenne fra le caviglie di cemento.
L’orologio dell’auto segna ormai le nove. Come per scommessa continua a piovere a dirotto, i vetri dell’auto sono sempre completamente appannati. E’ lo squarcio di un fulmine a sorprendermi da questi pensieri, fermo ad aspettare chissà cosa, quasi sognante. Il cane dorme, lui sì, ha capito tutto. Ha capito che oggi restare sotto le coperte sarebbe stata la scelta più saggia ma lui è solo un cane, cosa volete che ne sappia di ponti? Io, poi, per essere qui, con questo tempaccio… Qualche anno dopo quel mattino così bagnato e così magico, altri cartelli sono stati affissi su quel ponte, cartelli ora di divieto che sanciscono, per l’ennesima volta, un’oasi di protezione, lungo il corso del fiume. Altri, a seguire, indicano nel bosco adiacente zone di totale divieto.
Tutto terreno sottratto non tanto alla caccia quanto alla libertà di uomini e cani, terreno negato proprio a coloro, permettetemelo, che hanno avuto sempre rispetto di questi posti comprese le pietre che calpestavano, perché era lì che imparavano ogni volta qualcosa in più, era lì che condividevano il pane o una sigaretta con il contadino incontrato per caso, era lì che avevano riposto gelosamente gli insegnamenti dei padri per regalarli, forse un giorno, ai propri figli, era lì dove era semplicemente bello e appagante sedere su di un masso e restare per qualche minuto da soli, in compagnia di chissà quali pensieri e dei profumi regalati dal fiume e del bosco.
Da allora non passo più su quel ponte ma mi manca come l’amico più caro, avrei dovuto forse salutarlo ma come si fa a dire addio ad una strada che è stata per me spensieratezza e gioia per anni. Come si fa a dire addio a cento metri di ferro ed asfalto che, insieme a me, hanno consumato autunni bigi o sereni. Ora Lui vive in un’oasi sì, ma fatta di tristezza e di solitudine; niente più pescatori alla sua frescura, niente più innamorati o cacciatori al suo riparo, nessuno si ferma ormai per onorarlo, tutti hanno fretta, corrono non si sa verso cosa. Solo qualche copertone d’auto, rotolato chissà da dove, riposa adagiato alla sua ombra in attesa di una piena che possa trasportarlo via, fino alla prossima fermata.
Ci sono, ormai, percorsi alternativi al mio ponte, sono serviti da inutili strade anche a quattro corsie, costruite solo per raggiungere spesso bugie tanto che alcune finiscono così, nel nulla. Queste sì, sono vere e proprie oasi però di asfalto e cemento! Non so, non voglio disturbarlo il mio ponte, in fondo sono stato suo ospite tantissime volte e mi hanno insegnato che dell’ospitalità non si abusa. Nessuno ha il diritto di ascoltare i singhiozzi di un grande o di accertare se un vero “centurione romano”, decorato sul campo, fatto di malta ed acciaio possa piangere avvolto nella sua divisa sempre più triste e sempre più ingrigita.
Marco Carlone
17 febbraio 1985
Da qualche anno abbiamo modificato, l´amico Giammario ed io, le nostre abitudini venatorie. Andiamo a tordi nel periodo di entrata dal 10 ottobre al 10 novembre, successivamente ci dedichiamo alla caccia ai trampolieri al prato: pivieri e pavoncelle, non disdegnando la caccia in valle quando ci arriva qualche invito in riserva.
Abbiamo trovato un posto sulla murgia di Altamura che è costituito da un angolo di muro a secco a 300 metri dalla strada ed im mezzo alla murgia. E´ un posto scoperto casualmente nel gennaio 1981 e che si è rivelato ottimo, anche perché non abbiamo dovuto modificare l´ambiente. Nella stagione 1984/1985 a caccia si può andare soltanto il mercoledi, il giovedi e la domenica. Durante la settimana si lavora e quindi la caccia è solo la domenica.
Abbiamo acquistato 20 stampi di piviere, 20 di pavoncelle e 2 di combattenti. Certo non sono tutte rose e fiori: per molte domeniche consecutive non abbiamo tirato un colpo. Dunque, domenica 17 febbraio 1985, giorno del mio 38° compleanno, come di consueto ci muoviamo per tempo da Bari e facciamo sosta al Bar Ciccimarra di Altamura dove, dopo aver sorbito i nostri cappuccini, ce ne facciamo mettere altri 2 nel thermos e prendiamo anche due cannoli alla crema.
Quindi ci avviamo e dopo 20 minuti siamo sul posto che è ancora buio, per poter ascoltare i fischi delle pavoncelle e dei pivieri. Caricati sulle spalle il sacco degli stampi, fucili e cartucce ci avviamo: dobbiamo percorrere a piedi circa 300 metri. Arrivati al posto, mentre Giammario si occupa di fucili e cartucce io sistemo gli stampi, lavoro che è abbastanza faticoso. Non è ancora l´alba e siamo pronti. Spariamo le stesse cartucce che usiamo ai tordi e che sono caricate con la GP nella dose di 1,80X34 con piombo n.8.
Fino alle 8 non si vede niente, ma dopo cominciano ad arrivare stuoli sia di pivieri che di pavoncelle. I fischi a bocca attirano gli uccelli ma spesso commettiamo l´errore di sparare in mezzo agli stuoli, con il risultato di fare incredibili padelle. Arriva uno stuolo di pivieri abbastanza credulo: ci gira sulla testa per tre volte a non più di 4 metri d´altezza. Siccome sono io a dare l´ordine di sparare, commetto l´errore di credere che sarebbe calato a terra ed alla fine se ne va senza che si potesse tentare neppure una fucilata.
Improvvisamente vedo uno stuolo di 4 chiurli che si avvicina da sinistra; Giammario non c´è perchè è andato a farsi un giro per vedere di alzare qualcosa. Cerco di imitare il fischio e forse ci riesco, visto che mi stanno arrivando a tiro. Sempre stando nascosto, senza alzarmi miro con calma quello di testa. Ma proprio quando sto per premere il grilletto, forse perchè mi ha visto, il chiurlo ha uno scatto d´ala e inevitabilmente faccio una padella; lo fulmino con il secondo colpo e cerco di incannarne un altro con il terzo, ma riesco soltanto a ferirlo.
Quando torna Giammario gli racconto tutto e mi rammarico perchè se fossimo stati in due, almeno un altro lo avremmo fatto. E´ stata però una giornata magnifica perchè abbiamo ucciso 8 pavoncelle, 6 pivieri ed il chiurlo. Una bella fotografia del carniere suggella il ricordo di questa splendida giornata.
Riccardo Turi
CHI VA CON LO ZOPPO…
I nostri cani, animali vivaci, spesso irruenti, amanti delle galoppate sfrenate in ampi spazi e, spesso, giudici poco attenti dei pericoli che il selvatico o l’ambiente possono rappresentare, vanno spesso incontro a fenomeni improvvisi di zoppicatura.
E’ doveroso sottolineare che la difficoltà o l’impossibilità di deambulazione non sempre sono necessariamente riconducibili a fattori traumatici che intercorrono durante l’attività venatoria, data l’ampia casistica di malattie ortopediche congenite o dell’accrescimento, neurologiche, infettive… che possono determinare una tale sintomatologia, ma in quest’articolo, per circostanziare un argomento altrimenti troppo vasto, voglio puntare l’attenzione su ciò che, più comunemente, può accadere al cane durante il lavoro e su come il cacciatore possa intervenire nell’attesa del veterinario.
I cani da caccia, soprattutto se segugi abituati ad un’attività venatoria che può spesso metterli a confronto con prede molto grandi e pericolose, sono spesso soggetti a zoppie, ancora più frequenti se non sono stati preparati al lavoro con un buon allenamento, se corrono su terreni irregolari e se, ovviamente, sono abbastanza in là con gli anni e presentano una certa predisposizione a dolori artritici, incentivati dall’umidità e dal freddo cui sono sottoposti.
Tra le più comuni cause di zoppia, ritroviamo sicuramente contusioni e stiramenti. Per contusione intendiamo una pressione improvvisa e forte, subita da tessuti molli quali i muscoli, con dolorabilità dovuta alla conseguente formazione d’ecchimosi, ematomi e versamenti. E’ ciò che comunemente definiamo come “il mio cane ha preso una botta…”: la “botta” può essere causata ad es. da una caduta del cane, ma talvolta anche dall’aggressione di una preda pericolosa come un cinghiale. In seguito alla contusione il cane può talvolta anche continuare a muoversi e correre per un po’, ma il dolore subentra comunque nell’arco di poche ore, talvolta con tumefazione della zampa interessata, e rende difficoltoso il movimento.
In tal caso raramente il cane non può appoggiare la zampa a terra e, spesso, con il riposo forzato, associato ad antinfiammatori prescritti esclusivamente dal veterinario, si riesce a far muovere normalmente il cane in una settimana-dieci giorni.
Iter molto simile possono avere i cosiddetti stiramenti che vanno a coinvolgere le articolazioni, costituite di tendini, legamenti e capsula di rivestimento. In questo caso possono essere delle posizioni scorrette, assunte involontariamente dalla zampa del cane, le cosiddette “storte”, che sforzano l’articolazione infiammando le strutture che la costituiscono e talvolta determinando anche l’accumulo di liquido infiammatorio nell’articolazione stessa. Tutto questo provoca improvvisamente forte dolore nel cane che difficilmente riprende rapidamente a correre, a meno che la distorsione non sia lieve.
Più comunemente, il risentimento si accentua per un giorno o due, ma il cane, pur non appoggiandolo, riesce comunque a muovere l’arto; la sintomatologia generalmente scompare dopo qualche giorno di riposo. Anche in questo caso, comunque, dovrà essere il veterinario a valutare che la lesione sia di poca entità e curabile solo con un riposo forzato (guinzaglio o piccolo canile) e antinfiammatori e che non si tratti, invece, di un problema più grave.
In effetti, cani di dimensioni importanti quali bracchi, setter e spinoni possono presentare zoppia improvvisa ad un arto posteriore a seguito di un potente movimento scorretto che va a determinare la rottura del legamento crociato. In tal caso il cane si fermerà improvvisamente guaendo di dolore, incapace ad appoggiare l’arto colpito per effettuare un passo e la zoppia non verrà recuperata se non con un intervento chirurgico, effettuato da veterinari ortopedici a seguito di una corretta diagnosi per mezzo di visita clinica ed esame radiografico o TAC.
Dato che, in queste varie situazioni, spesso ciò che appare al cacciatore, in un primo momento, è una sintomatologia molto simile, consiglio sempre e comunque una scrupolosa visita veterinaria, senza far trascorrere uno o due giorni dall’inizio del problema nell’attesa che…passi da solo. In tal caso, se siamo sfortunati, è possibile che la lesione, già importante, diventi molto grave per lo sforzo effettuato dal cane nel tentativo di camminare o per la pericolosa somministrazione di antidolorifici umani, decisa impropriamente dal proprietario, senza consiglio veterinario.
Chiaramente, per il trasporto di un cane, anche con zoppia lieve, dal veterinario sarebbe bene non costringere l’animale a camminare, ma permettergli di essere trasportato in braccio o in auto fino all’ambulatorio, evitando fasciature, fintanto che non sia avvenuta la diagnosi: se la parte tende ad essere molto gonfia e dolente, possiamo applicarvi anche del ghiaccio, ovviamente avvolto da stoffa e non a contatto diretto con la pelle.
Comunemente le zoppie durante le battute di caccia possono essere causate, in maniera più manifesta, da corpi estranei taglienti o penetranti che provocano ferite, soprattutto ai polpastrelli o negli spazi interdigitali. E’ quindi buona norma controllare sempre l’arto che viene appoggiato con difficoltà, per valutare la loro occasionale presenza. Nel caso, possono essere estratti con una pinzetta e la ferita disinfettata con acqua ossigenata o betadine diluito; il veterinario va comunque consultato per sapere se dover apportare o meno una terapia antibiotica sistemica, soprattutto nel caso in cui si sospetti l’avvenuta infezione, nonostante le prime cure.
Nel caso in cui la zoppia sia determinata da una vera e propria frattura, la sintomatologia è decisamente molto più imponente rispetto a quelle fin qui presentate. Il dolore sarà immediatamente molto forte e aumenterà in maniera assolutamente evidente col passare delle ore. Il cane non riesce ad utilizzare l’arto che diventa rapidamente molto gonfio, dolorante e, nei casi di fratture scomposte, può assumere anche delle angolature anomale.
Se c’è il sospetto di una frattura, è assolutamente necessario legare il muso del cane prima di qualunque manovra, perché il dolore che esso percepisce è tale da terrorizzarlo e renderlo potenzialmente molto pericoloso. Se la frattura è esposta, cioè se il moncone osseo è visibile all’esterno perché, tagliente, ha lacerato tendini muscoli e cute, è bene sciacquar abbondantemente con semplice acqua la ferita per ripulirla da tutte le impurità (terriccio, rametti…) e fasciarla con una garza umida per proteggerla da agenti esterni.
Sconsiglio vivamente ulteriori manovre quali tentare di riposizionare l’osso o effettuare steccaggi di fortuna perché, se attuati in maniera inesperta, oltre a provocare dolore indicibile all’animale, possono peggiorare la situazione già grave. Il cane va adagiato di lato in una barella occasionale, anche una giacca da caccia o una coperta vanno bene, in maniera da sostenerlo nel tragitto e, se possibile, la zampa fratturata, nella parte rimasta integra, può essere appaiata, con una legatura, a quella sana e parallela, per ridurne i movimenti senza forzarla eccessivamente. Ovviamente il cane dovrà essere trasportato nel più vicino ambulatorio il più rapidamente possibile per le cure del caso.
Per quanto riguarda invece l’apparato muscolare, ricordo invece una patologia che può essere di riscontro non raro per soggetti dalle masse muscolari piuttosto marcate, come Pointer e Kurzhaar, non correttamente allenati o sottoposti a sforzi eccessivi e duraturi: la miosite da sforzo appunto. Un po’ come succede a noi dopo un lavoro muscolare eccessivo, anche i nostri cani, infatti, il giorno dopo una lunga cacciata, possono presentare un caratteristico atteggiamento a “cavallino di legno”, in cui l’andatura si presenta rigida e difficoltosa, quasi a scatti e sembrano camminare sugli spilli, nel tentativo di contrarre i muscoli dolenti il meno possibile. Non si tratta di una patologia preoccupante e solitamente si risolve con il riposo per alcuni giorni; indubbiamente in questo caso la miglior cura è …la prevenzione che prevede di preparare gradualmente i nostri ausiliari all’attività venatoria e non farli appesantire troppo con un’alimentazione eccessiva.
Sara Ceccarelli
Arrivano alle 9
Fasano di Puglia, febbraio 1964. E´ la prima volta che vado a caccia in Calabria con zio Franco e tutta la comitiva, perchè ho preso la licenza di caccia a marzo dello scorso anno. Di buon ora partiamo da Fasano con destinazione Corigliano Calabro (Stazione). Una sosta nel Bar di Trebisacce per il caffè e ben prima dell´alba siamo a destinazione.
Arrivati in paese, prendiamo la via del mare e dopo meno di un chilometro superiamo un passaggio a livello e svoltiamo a destra inoltrandoci nella campagna di qualche centinaio di metri. La zona e formata da aranceti con inframezzati alberi di olivo; sono tutti piccoli appezzamenti delimitati da filo spinato dell´altezza di 1 metro. Per fare 100 metri bisogna superare queste barriere non so quante volte. Ci appostiamo ed io mi metto in un angolo che mi sembra buono.
L´alba è passata da un pezzo e siamo quasi alle 8 e non si vede letteralmente volare una mosca. Vicino a me passa un contadino al quale chiedo se ci sono tordi. Lui non capisce la parola tordo perchè li chiama “malvizzi”; ” Si, ci sono i malvizzi, ma arrivano alle 9!!”. A queste parole resto interdetto così come anche gli altri amici; a questo punto però non ci restano alternative: dobbiamo aspettare.
Verso le 9 meno un quarto un tordo, poi un altro, poi sempre più numerosi: il contadino aveva ragione! Con il mio Beretta S.55 cal.20 mela cavo bene anche se qualche padella non manca. Ad un tratto vedo una macchina che arriva nella stradina e parcheggia vicino alle nostre. Capisco subito che si tratta di guardiacaccia. Dimostro meno dei miei 17 anni ed infatti si dirigono subito verso di me.
Arrivati vicino, dopo avermi salutato mi chiedono il porto d´armi. Con una soddisfazione immensa lo tiro fuori dalla tasca e glielo mostro. Non se l´aspettavano e vedo che sono alquanto sorpresi, tuttavia me lo restituiscono augurandomi “in bocca al lupo”. Quindi si dirigono verso gli altri distanti un centinaio di metri. Cerco inutilmente di avvertire zio Franco che ha il registratore acceso (vietato); ma siccome spara come un ossesso, non si accorge di me.
Ma i guardiacaccia, per arrivare sino a lui, devono scavalcare non so quante volte le barriere. Quando arrivano vicino a lui vedo che è tutto regolare: evidentemente aveva fatto in tempo a riporre il registratore. Ma devo dire che era stato salvato soltanto dal tempo perso dalle guardie per scavalcare le barriere. Tralascio di registrare il carniere, davvero cospicuo malgrado l´inesperienza dei miei 17 anni.
Riccardo Turi
La crisi energetica
L´inverno ´73-´74 fu caratterizzato dal fatto che, a causa della crisi energetica, la domenica non circolavano i veicoli, ad eccezione dei mezzi pubblici e di soccorso. Questo fatto provocò una cosa bellissima: la domenica si andava a caccia in bicicletta. La mattina c´era un´atmosfera ovattata, non si sentiva un rumore e si vedevano tutti i cacciatori muniti di bicicletta con la borsa delle cartucce legata sul portapacchi ed il fucile a tracolla (nel fodero o meno).
Mi era stata regalata (in occasione della mia laurea il 1°dicembre 1973) una bicicletta Bianchi nera con i freni a bacchetta, che conservo ancora oggi. Insieme al mio compagno Onorato andavamo a pochi chilometri dal paese e si sparava sempre. Ora succede che un sabato mattina, dopo una notte di pioggia continua, ci rechiamo a caccia al nostro solito posto: la Scuola agraria di Alberobello.
Con una mattinata tersa e fredda ci trovammo nel bel mezzo di uno spostamento di selvaggina e realizzammo ottimi carnieri (30/40). Il problema era per il giorno dopo, perchè con le biciclette bisognava affrontare la salita fino al Canale di Pirro, quella per Alberobello ed altre salitelle. Allora pensammo bene di farci accompagnare fino al Canale da un taxi con le biciclette legate sul tetto e poi proseguimmo da soli (le salite però si facevano a piedi spingendo la bicicletta).
Ci divertimmo abbastanza ma il bello fu il ritorno perché c´erano da affrontare circa 20 Km e non tutti di discesa. Inutile dire che i giovani (Bebè ed io) che avevano meno di trent´anni procedevano con disinvoltura mentre Onorato, Feluccio e gli altri erano abbastanza imbranati e ci facevano sganasciare dalle risate. Come Dio volle arrivammo a Fasano, ma nessuno si pentì della pur massacrante giornata.
Io penso che oggi, con l´attuale crisi energetica e con i prezzi dei carburanti alle stelle, sarebbe oltremodo opportuno ritornare alle domeniche a piedi e chissà che non si potrebbe ancora andare a caccia in bicicletta.
Riccardo Turi
La padella
Siamo nella seconda metà degli anni ´60 ed in tre/quattro amici siamo soliti andare all´aspetto alla beccaccia (mattina e sera) in una zona che è chiusa alla caccia e che si trova in territorio del Comune di Cisternino (Br). Nel nostro paese c´è la mania della caccia all´aspetto alla beccaccia ed anche noi andiamo a fare i bracconieri insieme agli altri.
E´ l´alba di una mattina di dicembre quando in 3 ci appostiamo sotto la collina che è come una conca coperta di macchie. Io sono al centro e gli altri amici a 30/40 metri da me ai due lati. All´improvviso ( è ancora buio) una beccaccia mi passa di traverso e la fulmino al primo colpo del mio Breda. Sono tutto felice perché l´ora della beccaccia deve ancora arrivare. Ma l´attesa è vana.
Quando sto per andarmene perchè l´orario è già passato ecco che me ne arriva una come un tordo dritta in testa e con la luce già chiara. Pregusto già la conclusione positiva e miro con calma: pum, pum, pum i primi 3 colpi davantii e gli ultimi due di coda. Padella clamorosa!! Dopo tanti anni, quella beccaccia me la vedo ancora davanti agli occhi come se fosse stato ieri.
Riccardo Turi
Fontevecchia: 1° maggio 1963
Ho preso la licenza di caccia dallo scorso marzo e questa è la prima stagione di caccia alle tortore di passo in regola con la legge. Di buon mattino ri ritroviamo 3 amici: Mimì con una doppietta cal.16 che ha le canne dello spessore di “un foglio di giornale”, Sergio con il suo Breda cal.20 magnum ed io con il mio sovrapposto Beretta S55 cal.20. I miei due amici non hanno la licenza di caccia, mentre Mimì ha la patente di guida ed infatti andiamo con la sua Renault R4.
Dopo un timido tentativo di Sergio che vuol andare a Santa Maria di Leuca (ma è troppo lontano!), decidiamo che è meglio andare in un posto un pò nascosto. Prendiamo quindi la via di Ostuni ed ad un bivio svoltiamo verso il mare e ci dirigiamo vicino alla stazione di Fontevecchia. Cerchiamo un posto lontano dagli altri cacciatori e ci appostiamo in attesa delle tortore. Il 1° maggio devono passare per forza! Infatti quando è già abbastanza chiaro, cominciano ad arrivare gli stuoli annunciati dalle scariche di fucileria 300/400 metri avanti a noi.
Con il mio 20 faccio qualche buon tiro ma commetto l’errore di sparare in mezzo agli stuoli senza mirare, con il risultato spesso di sparare a vuoto. Verso le 8 sento Mimì che mi dice che ha finito le cartucce, mentre le tortore continuano a passare. Ad un certo punto vedo uno stuolo che si dirige proprio verso Mimì ad altezza d’albero. Allora lo vedo brandire il fucile come una mazza e lanciarlo verso lo stuolo quando gli passa vicino. Questa scena mi ha fatto ridere per 10 minuti. Sono circa le 9 quando il mivimento scema quasi del tutto.
Mimì ha ammazzato 5 tortore, io 4. Allora ritorniamo alla macchina e cominciamo a chiamare Sergio che non si ritira. Dopo un pò di tempo si avvicina a noi un contadino e ci dice che Sergio ci sta aspettando al bivio di Ostuni. Quando arriviamo lo vediamo trafelato e senza fucile. Era scappato davanti ai guardiacaccia ed aveva nascosto il fucile e 10 tortore in un tronco d’albero: avrebbe recuperato il tutto la sera.
Nonostante queste traversie siamo soddisfatti per la cacciata e già pensiamo alle prossime. Nessuno sospettava che questa meravigliosa caccia sarabbe durata soltanto sino al 1970!
Riccardo Turi
Torricella
Fasano, dicembre 1963. La tanto sospirata licenza di caccia, presa nel marzo scorso, mi consente di andare la domenica a caccia con “i grandi”: zio Franco, Feluccio, Bebè, Vito, Sebastiano. Sento che per domenica è programmata una spedizione in un posto dove pare ci siano molti tordi. Il sabato apprendo sgomento che zio Franco non può venire, però mi dice che ha riservato un posto per me nella Fiat 1100 di Feluccio.
Sono 4 macchine che partono alle 4,30 con destinazione Ginosa. Superata Martina Franca troviamo la neve. Dopo qualche chilometro è impossibile proseguire: bisogna tornare indietro. Breve conciliabolo e ad un tratto Gastone, titolare del Ristorante “Il Fagiano” alla Selva di Fasano, dice: “Venite dietro di me che vi porto in un posto magnifico”. Si torna indietro e tutti seguiamo la macchina di Gastone. Ritornati a Fasano, prendiamo la strada per Bari. Superata Bari proseguiamo verso Nord e, dopo Bitonto, ritroviamo la neve.
Camminiamo assai piano ed arriviamo a Corato che sono quasi le 9. Ci fermiamo tutti al Bar della piazza per prendere un caffè. A questo punto Gastone dice: “Abbiamo fatto una bella passeggiata, adesso possiamo tornarcene a casa”. Posso testimoniare che Gastone rischiò il linciaggio. Ma aveva detto la verità. Superata Corato arriviamo in una zona chiamata “Torricella”, con il terreno parzialmente coperto di neve e con tanti, tanti tordi. Ricordo che c´era l´autostrada in costruzione.
Con Feluccio e Vito ci trattenemmo fino alle 13 ed io presi 17 tordi con le mie cartucce caricate con la S4 (1,10X23). Grandissima soddisfazione, ma soprattutto poter dire agli amici che ero andato a caccia con “i grandi!”.
Riccardo Turi